Genova, maggio 2015, giardini di Quinto. Un messaggio fa il giro dei cellulari di molti genitori: “Attenzione tipo sospetto ai giardini, lo abbiamo seguito ma ha preso un autobus. Offre insistentemente ciliege ai bambini…”; qualcuno scatta una foto.
E’ questione di attimi, e dai telefonini la foto passa online. Dalle indagini della polizia emerge che l’uomo, un sessantacinquenne, è ospite in una casa di cura lì vicino; è solo una persona con problemi mentali.
Il danno però è fatto e la famiglia minaccia di trascinare in tribunale coloro che hanno condiviso la foto e l’hanno pubblicata, additando l’uomo come pedofilo.
Quanti tipi strani si incontrano?
Tipi sospetti, che ci fanno correre un brivido giù per la schiena. Il pensiero corre subito ai nostri figli, il timore che qualcuno faccia loro del male annebbia la mente. In una società in cui tutto è social, tutto è virale, è un attimo toccare lo schermo e scattare una foto.
E poi? Meglio avvisare anche gli altri genitori, devono sapere che c’è un pedofilo in circolazione! Un altro tocco e via: il grido d’allarme è partito, il mostro è stato creato.
Condividere la foto è stato un atto di altruismo o uno di egoismo? Se temiamo davvero per l’incolumità dei nostri bambini la cosa migliore è avvisare le forze dell’ordine e lasciare che facciano i dovuti controlli.
In caso di pericolo contattare gli organi competenti!
Qual è l’esempio che diamo, da educatori, con un comportamento del genere? Come possiamo aspettarci che i nostri figli imparino a pensare prima di agire, a valutare le conseguenze delle proprie azioni, se i primi a non farlo siamo proprio noi?
Come genitori il nostro dovere non è solo quello di proteggerli, ma anche di insegnare loro a distinguere i pericoli reali da quelli immaginari. Oltre a questo si corre il rischio che, a furia di vedere fantasmi dove non ci sono, noi stessi perdiamo la capacità di riconoscere un pericolo quando ce lo troviamo davanti.
Il video della settimana