È una pratica che si potrebbe considerare “alternativa”, anche se esiste da moltissimi anni in tutto il mondo. Si tratta del babywearing, ovvero portare il proprio bimbo con sé.
Controtendenza rispetto alla prassi comune di usare passeggini e carrozzine per le passeggiate fuori casa, il babywearing si sta diffondendo sempre di più anche in Italia e si vedono sempre più mamme e papà “portare” letteralmente i propri bambini con sé.
Un lungo abbraccio di ormoni e felicità
Con apposite fasce e strutture simili a quelle dei marsupi, il babywearing stimola un approccio “ad alto contatto” nei confronti della proprio bambino. Stare vicini durante la giornata, ad esempio nelle passeggiate, ascoltare i propri respiri e trarre beneficio da una sorta di abbraccio costante, è una sensazione che appaga sia grandi che piccini, perché stimola, a livello ormonale, la produzione dell’ossitocina: l’ormone della felicità.
Il babywearing ha altri lati positivi, oltre a quello, importantissimo, del contatto fisico, che fa sentire il bimbo protetto e al sicuro, come quando era nella pancia della mamma. Primo fra tutti, la possibilità, per mamma e papà, di muoversi liberamente, anche nei luoghi difficili da raggiungere con il passeggino, come sentieri di montagna, strade nei boschi o passeggiate sulla spiaggia.
Quel legame in più…
Ma non solo. I fautori del babywearing sostengono che questa pratica premette di creare un legame molto forte tra bimbo e “portatore”, rende i bambini più sereni e tranquilli, e pare riduca anche il rischio di SIDS (sindrome della morte in culla).
In Italia il babywearing sta iniziando a diffondersi in questi anni e anche i media se ne stanno accorgendo. Il TG2, ad esempio, ne ha parlato in un servizio specifico; ed online un vero e proprio portale, babywearingitalia.it, in cui consulenti e professionisti lo spiegano in maniera approfondita.
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