La legislazione italiana prevede, a tutela della salute della madre e del nascituro, che a ogni donna spettino 5 mesi di astensione obbligatoria dal lavoro; fino a pochi anni fa, al padre veniva riconosciuto il congedo di paternità in determinate circostanze, molto gravi: solo nel caso in cui la madre fosse morta, qualora fosse rimasta gravemente inferma o se avesse abbandonato il figlio, al padre spettava la parte di congedo obbligatorio non fruito dalla madre.
Con la Riforma Fornero, è stato introdotto anche in Italia il congedo di paternità, composto da un giorno obbligatorio e due facoltativi. A ogni padre viene riconosciuto, in occasione della nascita del figlio, un giorno di astensione obbligatoria dal lavoro da fruire entro i 5 mesi di vita del bambino e, pertanto, può benissimo verificarsi l’ipotesi che sia il padre che la madre, per un giorno, siano in congedo obbligatorio.
I due giorni facoltativi, invece, sono riconosciuti al padre solo se la madre rinuncia a 2 dei giorni a lei spettanti nel proprio congedo obbligatorio: anche in questo caso, si ha tempo fino ai 5 mesi di vita del bambino per usufruirne. I due giorni di astensione possono essere goduti anche consecutivamente e in contemporanea con l’astensione obbligatoria materna.
Il congedo di paternità spetta ai lavoratori subordinati e da’ diritto a un’indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione. Il congedo di paternità viene riconosciuto anche ai padri adottivi o affidatari ed è applicabile per ogni nascita (o adozione o affidamento) successiva al 1° gennaio 2013.
L’introduzione del congedo di paternità è stato accolto non senza critiche per via della sua esigua durata: un giorno, in effetti, non cambia molto a livello pratico, ma è comunque un primo passo verso una nuova concezione del diritto e del dovere dei padri di svolgere un ruolo sempre più attivo nell’accudimento dei figli.
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Tre giorni …..nn saranno troppi. ..