Farmaci tolti dal commercio, non perché non efficaci ma perché rivolti a un numero limitato di malati o, ancora, perché considerati “vecchi” e non più commercialmente redditizi come le nuove medicine che quotidianamente o quasi le industrie farmaceutiche lanciano sul mercato. Come dire, anche in campo sanitario, anche quando si parla di farmaci, la novità premia, un po’ come per le mode.
A volte, però, l’innovazione scientifica intelligente passa per un recupero del passato e le scoperte arrivano da quel che avevamo dimenticato: accade alla Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia, dove un team di ricercatori ha condotto uno studio su 34 bambini affetti da una rara patologia cardiaca di origine genetica dimostrando che la cura per questa malattia è in un farmaco fuori commercio, la mexiletina.
La mexiletina rientra nella cosiddetta categoria dei “farmaci orfani”, non più prodotti perché commercialmente poco redditizi. Ciononostante, questo farmaco è stato usato con successo in passato per la cura di anomalie del battito del cuore in soggetti adulti, salvo poi essere ritirato dal mercato una volta scaduto il brevetto commerciale.
Ora, i ricercatori pavesi guidati da Silvia Priori hanno curato con la mexiletina 34 bambini che soffrono della sindrome del QT lungo di tipo 3, una malattia genetica rara che si manifesta fin dai primissimi anni di vita con alterazioni del battito cardiaco e svenimenti, fino a portare in alcuni casi a morte improvvisa.
Come si apprende dai dati pubblicati sul Journal of the American college of cardiology, nei bambini curati con questa molecola il battito cardiaco si è regolarizzato e gli episodi di svenimento sono diminuiti drasticamente. Ciò è possibile – dicono i medici – grazie all’azione della mexiletina, che interviene regolando la quantità di sali minerali che entra nel cuore ad ogni battito (una quantità che in chi soffre della sindrome del QT è troppo elevata).
C’è da augurarsi, quindi, che le aziende farmaceutiche s’impegnino a rimettere in commercio questo farmaco che – oltre alla dimostrata efficacia – ha anche il vantaggio di essere un farmaco già testato e dunque non comporta gli elevati costi di sperimentazione di un farmaco “nuovo”.
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