Agli inizi dell’anno, sul famoso sito Change.org è stata lanciata una raccolta di firme volta alla promozione della nostra bellissima lingua italiana (#dilloinitaliano) e, in pochi mesi, ha raggiunto quasi 70.000 adesioni. L’idea di questa petizione è venuta alla pubblicitaria Annamaria Testa, che ha invitato le Pubbliche Amministrazioni e il Governo, ma anche i media e le imprese, a utilizzare maggiormente la lingua italiana, così ricca di termini che non ha certo bisogno di mutuare dalle lingue straniere altri modi di dire.
Pensiamo, ad esempio, al Jobs Act che per tutti questi mesi ha invaso le radio, le televisioni, il web e, ovviamente, il Parlamento e il Governo: non avevamo forse il corrispondente legge del lavoro che, forse, in maniera più comprensibile a tutti esprimeva lo stesso concetto?
Spesso ce ne dimentichiamo, ma la lingua italiana è la quarta studiata al mondo e, nei secoli, ha accumulato una ricchezza di termini e sfumature che racchiudono tutte le nostre specialità, i nostri punti di forza: dalla cucina al design, dalla moda all’arte non c’è stato settore in cui l’Italia non abbia avuto le proprie eccellenze e, quindi, termini idonei per esprimere dei concetti con…. parole proprie!
Inoltre, dalla completezza della lingua italiana sono stati coniati dei termini stranieri, oggi molto in voga anche da noi: dal testo della petizione leggiamo che manager (l’equivalente del nostro dirigente che però fa più tendenza in inglese) deriva dal nostro maneggiare.
L’invito lanciato ai nostri politici e alle figure di spicco è stato, quindi, quello valorizzare al meglio la nostra lingua sia per una forma di patriottismo e anche per una forma di trasparenza nei nostri discorsi.
La campagna ha avuto un enorme successo ed anche il sostegno dell’Accademia della Crusca: dunque, anche per noi – passata la moda del momento – rimarrà valido l’invito a essere più parsimoniose nell’utilizzo di termini stranieri per far spazio e valorizzare la ricchezza della nostra lingua.
Se siete d’accordo… #dilloinitaliano
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