Tra meno di un mese, il 1° dicembre, ricorrerà, come ogni anno, la giornata mondiale contro l’AIDS: un’occasione per sensibilizzare le coscienze della comunità globale non solo verso la lotta a questa terribile patologia, ma anche verso l’accettazione sociale delle persone malate.
Le barriere contro i malati di HIV ed AIDS, infatti, sono ancora robuste: il timore, irragionevole, di un contagio, la disinformazione diffusa e la paura della diversità costruiscono, giorno dopo giorno, i muri della discriminazione.
Una presa di distanza che non accenna a piegarsi nemmeno quando si parla di bambini e di diritto all’educazione.
È così che una scuola media statale campana ha rifiutato l’iscrizione di una bambina affetta da disagi psichici e malata di HIV.
Prima coprendosi dietro motivazioni di sovraffollamento delle aule scolastiche, poi proponendo di ricorrere all’apprendimento a distanza, l’istituto scolastico il 4 settembre ha chiuso le porte a Francesca – la chiameremo così – una bambina di soli 11 anni, ma già profondamente segnata dalle ferite della discriminazione.
Nata in una famiglia terribilmente disagiata e vissuta fino a 10 anni nell’indifferenza generale – con istituzioni pubbliche e assistenti sociali che non si curavano della salute di quella bambina così fragile che a meno di 10 anni pesava solo 16 chili – Francesca viene ricoverata un giorno in ospedale in condizioni disperate: colpita da un infarto, alla piccola viene diagnosticato, oltre ad un ritardo cognitivo, anche l’HIV. Da qui comincia il suo cammino verso una vita normale.
Fortunata e Antonio, i due genitori affidatari, iniziano a cercare una struttura che possa prendersi cura della bambina.
35 istituti. 35 no.
Fino all’ultimo, insperato, sì della Comunità di Capodarco di Teverola.
E poi, ancora, la ricerca di una scuola che aprisse le porte alla piccola e la aiutasse a riprendere in mano la quotidianità e a socializzare con i coetanei per superare le ferite e le offese.
Ancora un rifiuto.
È scattato, dunque, l’appello al Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini che assicura che la piccola “entrerà in classe nei prossimi giorni” e che il dirigente scolastico che le ha detto no “pagherà per le sue responsabilità”.
Ma chi ridarà a Francesca coraggio e nuova fiducia per disinfettare queste ferite?
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In effetti è’ una scelta difficile non è’ discriminazione ma preoccupazione,non sarei tranquilla neanch’io se fosse in classe con la mia piccola, ci assicurano che è’ tutto sotto controllo? E in che modo? Che dilemma povera creatura
Nemmeno io sarei così tranquilla considerando anche i disturbi psichici. Lo so Nn è colpa sua infatti provo infinita tristezza x qs bimba ma chiamatemi pure egoista finché posso tutelo i miei figli.
Scusate ma anche io mi preoccuperei se mio figlio dovesse stare a contatto con una bambina malata di HIV. Non si tratta di disinformazione, sappiamo che il contagio avviene tramite il sangue, e se si che i bambini stanno sempre lì a farsi male anxhe solo giocando. Chi si impegneremo a far si che ciò non accada e a controllare il tutto??