Si incomincia con i primi scricchiolii della coppia, poi si passa alle sempre più frequenti discussioni e litigi e, infine, si decide di separarsi prima e divorziare poi. Un iter doloroso e tormentato che, da poche settimane a questa parte, è divenuto molto più veloce. Lo scorso 22 aprile, la Camera dei Deputati ha definitivamente approvato il testo del disegno di legge che riguarda il c.d. divorzio breve, con 398 voti favorevoli, 28 contrari e 6 astenuti.
In Italia, il divorzio è stato introdotto sul finire del 1970, con la legge n. 898 detta “Baslini-Fortuna” che, sottoposta a referendum abrogativo nel 1974, venne confermata con il 59.30% dei consensi (andò a votare l’87% degli italiani).
Cosa cambia in pratica con la nuova regolamentazione del divorzio breve?
Innanzitutto, rimane ancora necessaria e propedeutica la separazione: nei lavori parlamentari si era anche discusso per introdurre – in determinati casi – il divorzio immediato o diretto, cioè quello in cui la separazione è assente; i consensi necessari per introdurre quest’ultimo istituto non sono stati raggiunti e, quindi, rimane ferma l’obbligatorietà della separazione.
A partire dalla data di separazione (da considerarsi il giorno in cui i coniugi compaiono dinanzi al Presidente del Tribunale e non la data di notifica dell’atto), non devono più trascorrere tre anni per richiedere il divorzio (come invece era necessario prima della riforma), ma solo sei mesi se la separazione è consensuale e 12 mesi se, invece, è giudiziale.
Fra le altre novità previste dalla legge approvata ci sono i nuovi tempi per lo scioglimento della comunione dei beni: da oggi è infatti possibile sciogliere la comunione dei beni dal giorno in cui il Presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, mentre prima era necessario che la sentenza di separazione passasse in giudicato.
Infine, la nuova disciplina si applica anche per i procedimenti in corso.
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