Se sei madre lo sai: la tua vita con i figli la spenderai per un buon tre quarti a rispondere alle domande scomode dei tuoi bambini. Domande ingenue, semplici, formulate con chiarezza che hanno tutte una comune caratteristica: quella di essere poste così, a bruciapelo. E di lasciarci solitamente senza parole. Vi assicuro che non esiste niente al mondo che come le domande dei bambini mette al riparo dal rilassamento i nostri neuroni dell’età adulta.
Avere a che fare con un figlio piccolo significa vivere con tutti i lobi del cervello perennemente attaccati, perché se c’è una cosa dalla quale non si scappa, oltre alle tasse, quella è la temibile e sempre inopportuna domanda del bambino.
“Mamma, perché l’acqua è bagnata?”
“Mamma, perché i cani abbagliano?”
“Mamma, perché la mela è dolce?”
“Mamma, perché la bimba della zia è dentro la pancia?”
“Mamma, perché la banana è gialla?”
“Mamma, perché piove?”
“Mamma, perché arriva la notte?”
“Mamma, perché la luna è in cielo?” “Mamma, perché non mangiamo le formiche?”
E ancora perché le persone sono cattive, perché gli aerei volano, perché io non volo, perché fa freddo, perché fa caldo, perché le fragole sono rosse e perché l’insalata è verde.
Senza dimenticare tutte quelle domande davvero difficili perché non sai fino a che punto spingerti con un bambino di 3/4/5 anni. Perché io ho il pisellino e tu no, perché col babbo vi date i baci, come ho fatto ad uscire dalla tua pancia, perché quel bambino ha due mamme o due papà?
“Perché, mamma, dobbiamo morire?” Che tu vorresti rispondergli solo: “Eh, già. Perché? Me lo sto chiedendo pure io ma una risposta non ce l’ho“. E invece una risposta devi averla perché una risposta tuo figlio la pretende ed è giusto che ce l’abbia.
Io a mio figlio vorrei sempre rispondere senza troppo zucchero.
Vorrei essere chiara ma non edulcorata, vorrei crescerlo consapevole che la vita è bella, anche se fa male come cantava qualcuno e che, non è vero che le persone cattive, il male, i lutti non esistono. Vorrei sempre essere in grado di trovare le parole giuste per crescerlo con una cognizione della realtà e del mondo che non sia troppo distante dalla realtà, ma allo stesso tempo trovando parole che siano adatte ad un bambino. Alla sua visione meravigliosa e sognante, alle sue aspettative cariche di positività.
Non vorrei essere io, in soldoni, a spegnergli quella luce che ha negli occhi, ma non voglio nemmeno crescerlo sotto ad una campana di vetro.
A volte uso la fantasia e ci riesco, altre racconto delle favole. Favole verosimili ma non reali e non so se è giusto così, ma non sempre trovare le parole è facile.
Altre volte, semplicemente, racconto la verità, così com’è. Lo faccio raramente, solo quando sono veramente convinta che lui possa capire e mi piace spiegargli il mondo senza troppi fronzoli. Ma la cosa che faccio spesso, più spesso di tutte le altre sapete qual è?
Taglio corto e rispondo alle sue domande con un: “Te lo spiega il babbo, stasera“.
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