Condividere le foto in rete dei propri bambini, è una scelta che spacca le opinioni dei genitori. Da un lato ci sono quelli che ritengono sbagliato esporre i propri figli, e ne limitano la pubblicazione agli auguri di compleanno o ad eventi particolari come un matrimonio. Dall’altro ci sono genitori che non esitano a pubblicare decine anzi centinaia di foto dei bimbi sul web, comprese le foto oggettivamente pericolose, come quelle dei bambini al mare o che fanno la doccia.
Chi ha ragione?
Se proprio c’è da scegliere tra il tutto e il niente…noi stavolta ci schieriamo dalla parte del niente. Le motivazioni sono tante: un conto è mettere una foto ogni tanto, o non metterle affatto, un conto usare Facebook, Pinterest o Instagram per archiviare le vostre foto.
E ricordate che una volta lì non sono più vostre!
La prima domanda che dovete farvi: quando i figli cresceranno, saranno felici di avere il web invaso dalle loro foto sul water o con le dita nel naso? E se lo facessero a voi?
Ma la seconda domanda è questa: lascereste la porta di casa aperta, permettendo a qualsiasi sconosciuto di venire a vedere vostro figlio che gioca, dorme o si fa la doccia? Perché è questo quello che fate pubblicando le foto dei bimbi sul web.
Allarme pedopornografia
Purtroppo la pedopornografia non è l’invenzione di un genitore ansioso, ma uno schifoso giro di affari di miliardi di dollari fatto sulla pelle dei bambini. E sono sempre di più le immagini che viaggiano in rete frutto dei fotomontaggi realizzati con foto tratte dal web.
È giusto che la foto di vostro figlio sia usata per questo? E come se non bastasse tanti genitori taggano i luoghi dove vanno con i bambini.
I pedofili non vanno in giro con un cartello al collo: possono essere insospettabili. E se un giorno un o di loro, dopo aver rintracciato le foto dei vostri splendidi figli sul web, dovesse decidere di avvicinarli?
Allora il mostro da virtuale diventerebbe reale: proteggiamo i nostri bambini, e ogni volta che state per caricare una foto, pensate se ne vale davvero la pena.
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