Se si hanno bambini tra i tre e gli otto anni capiterà spesso di vederli parlare (apparentemente) da soli, chiamare qualcuno, litigare o giocare come si fosse in compagnia…niente paura. Si tratta del loro amico immaginario!
Stando a una ricerca dell’Università di Washington, infatti, circa due bambini su tre hanno un amico immaginario. La capacità di distinguere sogno e realtà, a quell’età, non è ancora assimilata e, soprattutto tra i primogeniti o figli unici, crearsi un compagno fidato è assolutamente normale. Se il bambino ha comunque una vita sociale e si relaziona normalmente con i coetanei, non c’è motivo di preoccuparsi.
L’amico immaginario è un altro se stesso, un doppio dotato di personalità autonoma, che il bambino costruisce a sua somiglianza, in cui si specchia e con cui interagisce, come se ci fosse davvero, dandogli un nome e un’identità precisa. È un confidente, un amico fidato, un compagno perfetto per inventare giochi, trovare soluzioni ai piccoli problemi quotidiani, condividere i propri pensieri, consolidare le proprie scoperte e costruirsi una personalità. È un ottimo ascoltatore, sempre d’accordo con il bambino e sempre complice delle sue idee.
Inizialmente l’amico può essere la propria ombra o il peluche preferito. Poi diventa un alter ego del bambino, e può assumere anche caratteristiche di famigliari o persone care. I suoi tratti cambiano nel tempo, rispecchiando l’evoluzione del suo creatore.
I genitori non dovrebbero intromettersi troppo in questa relazione speciale. È bene ricordare che il bambino vede realmente il suo amico, quindi questa visione non va sminuita o ridicolizzata, ma assecondata, ovviamente nella giusta misura. Se, per esempio, il bimbo chiede alla mamma di bere un tè insieme al proprio amico, perché no? Sarà un’ottima occasione per passare del tempo insieme e conoscersi meglio. Attenzione, però! Essendo un amico immaginario, tazze e piattini dovranno essere invisibili. In questo modo si eviterà di dare troppo peso alla situazione e tutto resterà confinato nella sfera dell’immaginazione. Al pari dei commenti ridicolizzanti, infatti, anche l’enfasi e il dare troppo peso al fenomeno sono da evitare.
I bambini sono furbi, però, e a volte usano il proprio amico per scaricare sue colpe. Spesso, questo è un modo per dire che vorrebbero essere più buoni. In questo caso, è bene parlare con loro, spiegando l’importanza di assumersi responsabilità. Esperti e psicologi sono concordi nel dire che l’amico immaginario è una tappa importante nella crescita infantile. Può essere un modo per reagire a un cambiamento (nascita del fratellino, trasloco ecc.), o solo un modo costruttivo per affrontare la quotidianità, imparare la giusta condotta e sperimentare le proprie emozioni.
L’amico immaginario è una sorta di segreto, che solitamente non viene rivelato neppure a mamma e papà. Spesso il bambino usa con il suo doppio un linguaggio inventato, fatto di parole comprensibili solo ai due, aumentando la segretezza. Questo non deve spaventare, al contrario è un modo costruttivo per rafforzare nel bambino l’immagine di sé come soggetto autonomo, e può renderlo più sicuro nell’affrontare il mondo esterno. Nella maggior parte dei casi regredisce spontaneamente con la crescita, circa 3 anni dopo la sua comparsa.
Un giorno, improvvisamente, l’amico immaginario se ne va, perché non c’è più bisogno di lui. Se dopo i 9-10 anni, invece, il bambino continua a rivolgersi al personaggio, rifiutando i rapporti sociali e l’interazione di amici in carne ed ossa, sarà opportuno rivolgersi a uno specialista
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