I primi giorni di settembre, da tutti i bambini e i ragazzi dai 6 anni in poi, vengono visti, forse, come i peggiori dell’anno. Dopo i mesi estivi di meritate vacanze, infatti, ricomincia la scuola!
Gli Istituti scolastici, in Italia, sono un’istituzione salda e radicata, ma negli ultimi anni si sta sviluppando anche da noi un modello diverso di scolarizzazione: l’Homeschooling, ovvero l’istruzione domiciliare (o educazione parentale).
Fondata da John Holt, l’Homeschooling affida l’educazione scolastica dei figli ai genitori o ad altre persone scelte (school educator). “La famiglia è la base adeguata per l’esplorazione del mondo che intendiamo per apprendimento o istruzione. La casa sarebbe la base migliore, non importa quanto siano valide le scuole”. Con queste parole, Holt mette l’accento sull’importanza di lasciare il bambino libero nel naturale processo di apprendimento, valorizzandone il potenziale, e aggiunge che l’atto di “imparare” è innato in ognuno di noi e non è necessario che ci venga mostrato come farlo.
L’Homeschooling è del tutto legale anche in Italia (gli articoli 30 e 34 della Costituzione, infatti, sanciscono l’obbligo di istruzione, non di frequenza scolastica). Non esistono tuttavia disposizioni molto chiare sull’iter da seguire. Il primo passo è quello di presentare al direttore didattico una dichiarazione di assunzione di responsabilità da parte dei genitori. Al termine di ogni anno, poi, una commissione scolastica valuta l’idoneità al passaggio alla classe successiva. Il programma è del tutto personalizzato e ogni gesto quotidiano può essere motivo di apprendimento. La spesa al supermercato, ad esempio, è un ottimo esercizio di matematica, o una passeggiata nel parco un buon modo per fare esperimenti di scienze. Anche le attività manuali e creative (come cucinare, disegnare, fare giardinaggio) rivestono un ruolo importante.
L’Homeschooling fa discutere e non mancano critiche, riguardanti sia la sfera della famiglia (può essere complicato, per un bambino, tenere separati il ruolo di genitore da quello di maestro e non avere altre figure adulte di riferimento); sia la sfera dell’interazione sociale. Tenuti lontani dall’ambiente scolastico, i bambini perdono importanti occasioni di socializzazione e di confronto e diventa difficile il loro successivo inserimento in società. Ma perché, allora, molti genitori lo scelgono? In primis, per problemi linguistici (gli stranieri che non sanno la lingua del Paese in cui vivono), per ragioni logistiche (si abita in zone isolate e senza mezzi pubblici), per motivi culturali, religiosi, per sfiducia nelle istituzioni scolastiche o per problemi di apprendimento del bambino.
Questa tendenza è molto diffusa in Canada, Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia e Nuova Zelanda e, secondo alcuni test, gli studenti homeschooling raggiungono addirittura risultati migliori rispetto agli studenti tradizionali.
Altre pratiche affini all’Homeschooling sono l’Homeschooling part-time, che unisce all’apprendimento in aula anche quello domiciliare e l’Unschooling (non scolarizzazione), che non segue alcun programma scolastico, ma si lascia guidare dagli interessi del bambino.
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