È apparsa in questi giorni sulla Stampa un’interessantissima intervista al professor Paolo Valerio, Professore di Psicologia Clinica Università Federico II di Napoli: un’autorità nel campo degli studi legati alle identità di genere e ai pregiudizi ad essere correlati.
Le sue parole sono importanti perché ripuliscono il terreno da tante sciocchezze messe in campo dai cattivi maestri che lottano contro la fantomatica teoria gender: gente che, nascosta dietro il mantello della religione cattolica, sta facendo i soldi con conferenze e libri in giro per l’Italia.
C’è ancora tanta strada fa fare contro le discriminazioni
E quindi il professor Valerio afferma che il costrutto dell’identità di genere non è legato solo a fattori fisici, ma anche a tante altre situazioni. Esiste la cosiddetta disforia di genere: un bambino apparentemente maschio, si sente in realtà una bambina, o viceversa, e i processi che sopraintendono al rapporto corpo-genere, sono ancora in parte misteriosi.
Nella nostra Italia ancora patriarcale, genderista e fomentatrice di inutili pregiudizi, tutto ciò che esula dalla dicotomia maschio/femmina, è sbagliato. L’affermazione che sentiamo fare più spesso è: Ma Dio (o la Natura) ha fatto solo maschio e femmina, tutto il resto è sbagliato/peccato.
C’è chi considera la diversità sessuale un problema della società contemporanea: ma si tratta solo di mancanza di cultura. Da quando esiste l’uomo, esistono figure di maschi e femmine non allineati alla sessualità classica: gli Hijras dell’India, Rae Rae della Polinesia ed i Muxe del Messico solo per citarne alcuni.
Gli studi contemporanei hanno portato a considerare quello che un tempo veniva vista come una patologia, semplicemente come fattori di variabilità. Non solo: ci sono molti bambini che nascono con ambiguità sessuali che non permettono di capire subito se si tratta di un maschio o di una femmina.
Insegniamo ai bambini il rispetto dell’altro
Pensare, però, come fanno in molti, che semplicemente parlare di questi argomenti possa stravolgere la vita di un bambino, è una grandissima sciocchezza. Insegnare il rispetto dell’altro, proteggere chi si sente differente dai comportamenti da bulli e dall’ignoranza, è il dovere di ogni genitore: e dovrebbe essere anche il lavoro di una scuola illuminata.
Conoscere è la prima arma per lottare contro la discriminazione: e non dimenticate che il figlio discriminato, un giorno, potrebbe essere il nostro.
Il video della settimana
Le polemiche di questo periodo sulle letture nella scuola mi convince che la caduta degli stereotipi faccia paura perché vuol dire far ragionare al di fuori degli schemi. E se li facciamo uscire dagli schemi non sappiamo più dove possono andare. Quello che cerco, faticosamente, di insegnare a mia figlia che lei avrà dei gusti propri al di là di quello che gli altri penseranno che deve piacerle. Dico faticosamente perché mi rendo conto che anche all’asilo è normale classificare i bambini tra maschi e femmine…
Io credo che dirò loro che sono unici e, per tale motivo, diversi.