La sordità congenita affligge uno-due bambini su mille nascite, mentre sale a tre su mille il numero dei neonati colpiti da sordità acquista fra i 3 e i 4 anni d’età. Questi disturbi dell’udito, chiamati ipoacusie, non sono tutte uguali e si distinguono fra loro per la gravità dei sintomi e le vie di trasmissione nervosa coinvolte. Ecco come si originano e come diagnosticarli.
La sordità congenita
Appartengono a questo tipo di sordità, tutte quelle forme di ipoacusia presenti fin dalla nascita e provocate nella maggior parte dei casi di ereditarietà. A volte, però, può accadere che la mancanza di udito si sviluppi nel grembo materno a causa di una malattia infettiva contratta dalla madre in gravidanza e tra queste rientrano la toxoplasmosi, la rosolia, l’herpes virus e il citomegalovirus. In altri casi, invece, può essere provocata da diminuzione della quantità di ossigeno al momento del parto.
Nella diagnosi della patologia, fondamentale è lo screening neonatale dell’udito che normalmente non è inserito tra gli esami di routine ed è obbligatorio solo per alcune categorie di neonati (prematuri, malattie infettive della madre durante la gestazione, etc.). Questo test, invece, è indispensabile nel trattamento della sordità congenita perché permetterebbe di intervenire subito con apposite protesi acustiche, così da evitare in futuro possibili problemi di linguaggio.
La sordità acquisita
Generalmente questo tipo di ipoacusia si manifesta in seguito a un‘infezione batterica o virale (morbillo, parotite, meningite), ma la perdita dell’udito può intervenire anche come effetto secondario ad alcuni farmaci o, più semplicemente, a causa di un accumulo di cerume nel dotto cocleare.
In questi casi, il bambino sarà sottoposto ad alcuni esami specifici (test audiometrici a otoemissioni, comportamentale, etc.) così da poter valutare con esattezza sia le cause che il trattamento adeguato.
È importante sottolineare che la perdita d’udito nei bambini non interferisce con lo sviluppo delle loro abilità comunicative e linguistiche, ma a patto che s’intervenga subito.
Il video della settimana