Oggi giorno l’idea “tradizionale” della famiglia sta sempre più cambiando, anche se alcuni Paesi fanno ancora fatica ad accettarlo. Coppie di sole mamme o soli papà, famiglie allargate, genitori single… la figura genitoriale assume varie sfaccettature, in una realtà sempre più multiforme.
All’interno della discussione sulla proposta di legge sulle unioni civili, rientra anche il caso delle stepchild adoption. Tradotto letteralmente con “adozione del figliastro”, con questo termine si indica la possibilità che il genitore non biologico adotti il figlio, naturale o adottivo, del partner.
In Italia, tale prassi è già prevista per le coppie eterosessuali regolarmente sposate. Naturalmente non è prevista per le coppie gay, anche se, nel resto del mondo, sono 28 gli Stati in cui la stepchild adoption è consentita anche per coppie di genitori dello stesso sesso (ad esempio in Spagna, Svezia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Francia) o coppie eterosessuali non sposate, ma conviventi (Germania, Finlandia e Groenlandia ecc…).
In realtà anche in Italia c’è un articolo, il 44 della legge sull’adozione del 4 maggio 1983, che riconosce tale adozione, in alcuni casi particolari, anche per le coppie non sposate. Inoltre, nel 2014 c’è stato primo caso di riconoscimento del figlio da parte della madre non biologica in una coppia omosessuale (regolarmente sposata in Spagna).
I sostenitori della Stepchild adoption insistono sul fatto che, in questo modo, si agisce nell’interesse del bambino. Permettere l’adozione al genitore non biologico, che svolge di fatto il ruolo di genitore, è il modo migliore per tutelare i figli, soprattutto all’interno delle coppie omosessuali, che già non hanno vita semplice.
Stando a recenti stime, oggi in Italia sono circa 100.000 i bambini con genitori omosessuali, ed è emerso che il 17,7% dei gay e il 20,5% delle lesbiche con più di 40 anni hanno almeno un figlio.
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