Obbligo vaccinale, questo è uno dei temi più discussi dell’ultimo periodo.
È giusto che lo Stato obblighi i genitori a vaccinare i propri figli oppure deve essere una scelta libera? Le opinioni sono contrastanti.
In questi giorni, il presidente del Veneto Luca Zaia ha annunciato che farà ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto Lorenzin. Qualche giorno fa, il padre di una bambina affetta da anemia aplastica gli ha scritto una lettera, raccontando la storia della sua piccola gravemente malata e chiedendogli di non fare ricorso.
La storia di Nicola Pomaro e di sua figlia, è questo il nome di questo papà, è stata resa nota dal Mattino di Padova e abbiamo deciso di raccontarvela.
Lettera di un padre a Zaia: ecco la storia di mia figlia
La bimba di papà Nicola ha 5 anni, la maggior parte dei quali passati in ospedale.
Tutto ebbe inizio nel 2015 quando alla piccola di soli tre anni venne diagnosticata una malattia mortale legata al midollo osseo. Dopo mesi di cure, riuscirono finalmente a trovare nel Stati Uniti un donatore compatibile e fu possibile fare il trapianto. Dopo l’intervento la bimba visse per tre lunghi mesi in una camera sterile. Così piccola, fu sottoposta a chemioterapia, perse i capelli e rischiò più volte la vita a causa delle infezioni.
Come lei, anche tanti altri bimbi vivono questa triste situazione: il loro sistema immunitario è fragile e non possono essere vaccinati. La loro salute dipende anche dal fatto che altri bimbi vengano vaccinati al fine di diminuire la diffusione di pericolosi virus. Per i bambini con immunodeficienza, contrarre un’infezione anche banale può essere mortale.
Lettera di un padre a Zaia: “Venga a parlare con i medici che curano mia figlia”
La lettera si conclude con un invito al presidente del Veneto Zaia: “Venga a visitare i centri dove vivono questi bambini, parli con i medici e, soprattutto, provi a mettersi nei panni di tutti quei genitori che vivono con la costante paura che un’infezione possa portare via per sempre i propri figli.“
Il video della settimana
Che incubo