Le cose con il tempo migliorano. E no, non è una canzone di Ligabue ma solo la (mia) verità. I figli crescono. È vero crescono anche i problemi (sì, mamma, lo so che me lo avevi detto) ma la loro capacità di relazionarsi e le loro relazioni migliorano. Sì, so pure che è vera pure la storia dei terribili due, T-E-R-R-I-B-I-L-I, quando diventano anarchici, irriverenti, (ancor più) scalmanati, fase del no, crisi di pianto, irrequietezza, capricci a non finire. Insomma, ci siamo capite, quella fase lì. È vero, ma è altrettanto vero che, a questo punto, avranno già imparato a comunicare, a modo loro per carità, ma pur sempre di una comunicazione diversa da quel pianto sguaiato del neonato, stiamo parlando. Una comunicazione che mi diverte, che mi stimola, che mi insegna.
Perché mio figlio ha, molto spesso, qualcosa da insegnarmi. Con la sua semplicità, la sua schiettezza, la sua meraviglia. Con le sue esternazioni, sempre vere, sempre autentiche.
E per me è più facile così. È più facile rispetto a quando ero solo una dispensatrice di latte, quando andava cambiato dalle 10 alle 15 volte al giorno, quando mi muovevo come un automa senza sapere e senza capire. Non che ora capisca tutto, per carità, né che sia tutto immediato: nessuna relazione lo è. Ma ora è una relazione. Una di quelle in cui si riceve molto di più rispetto a quello che si dà, al netto delle rinunce materne, ma di quelle si è già detto. E scritto.
Una grande relazione con un piccolo che ogni giorno è sempre più indipendente e curioso di sapere. Di scoprire. Di fare. Di avventure. Di capire come si muovono gli ingranaggi del mondo. Di vivere insieme a me (per il momento almeno), che gli stringo la mano piena di orgoglio, la sua relazione più importante, quella con la vita.
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