Ci riflettevo qualche sera fa con mia moglie in seguito ai ripetuti richiami di nostra figlia provenienti da altre stanze di casa: “Dove siete?”, “Cosa fate?”. Fortunatamente non ci chiedeva “un fiorino”, reso famoso dal film “Non ci resta che piangere” di Benigni e Troisi, anche se, geograficamente, non sarebbe andata fuori tema.
Secondo me, in questi primi anni di vita dei nostri figli, dovremmo venire incontro a queste richieste di attenzione, senza che questo voglia dire diventare loro “ostaggi”. Alcune volte sento talmente tante volte chiamare “Babbo”, o “Mamma”, che penso a quando aspettavo con trepidazione l’arrivo di quella parola. Avvenne una sera mentre eravamo sul divano, d’improvviso. Avrei capito solo dopo che quella sarebbe stata come una specie di incrinatura in una diga che a breve sarebbe esplosa in migliaia di altri “Babbo” che, senza esserne preparato, mi avrebbero travolto negli anni a venire.
Cerchiamo di goderci, cogliendone i tanti aspetti meravigliosi che porta con sé, questo essere il centro del loro mondo, finché dura. Perché poi in modo naturale, in quanto parte della loro crescita, questa attenzione assoluta diventerà sempre più relativa. E credo proprio che uno dei compiti dei genitori sia fare in modo che questo avvenga.
Così mi godo e ricambio con altrettanto calore le attenzioni di mia figlia, come ad esempio il recente rituale del saluto mattutino. Da qualche settimana mia figlia si sveglia più tardi e io sono già in ufficio. Visto che in prima mattina le capita di alzarsi per fare la pipì, mi ha chiesto di svegliarla, appena alzato, per accompagnarla in bagno. In questo modo ha la possibilità di salutarmi, con un bacio e un abbraccio, prima di tornare nel suo lettino e dormire ancora del tempo.
Così per prendere un po’ in giro mia moglie, e anche me stesso ma con lei non lo ammetto, le dico: “Poi non ti chiamerà più e sarai tu a cercarla…”
Adesso sono i vostri figli a chiamare “Mammaaa. Dove sei? Cosa fai? Vieni da me?” dalle diverse stanze della casa, un domani sarete voi mamme a chiamarli, magari mandando messaggi su Whatsapp, per chiedere “Dove sei? Cosa fai? Ma quando rientri?”
Pensateci, prima di rispondere, la prossima volta che sentirete chiamare “Mammaaa…”
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