Quando valutiamo l‘iscrizione o la conferma di nostro figlio a un corso sportivo, le cose da prendere in considerazione sono davvero molte: l’attitudine del bambino per il singolo sport, la vicinanza della palestra da casa nostra, la compatibilità dei nostri impegni con gli orari, il costo,…
Se vogliamo davvero complicarci la vita, dovremmo anche prendere in considerazione chi sarà l’allenatore.
Sembra una cosa superflua, ma l’allenatore è un po’ come il motore nella macchina: se abbiamo tutti gli accessori al loro posto, ma la macchina non si accende, che ce ne facciamo dei sedili in pelle?
Non è infrequente, infatti, che bambini molto attratti da uno sport presto perdano l’entusiasmo per via di un allenatore inadeguato; viceversa, ci sono bambini titubanti verso una disciplina sportiva che si innamorano follemente di uno sport per via della passione e del pathos che il loro allenatore ci mette nell’allenamento.
Un buon allenatore che si dedica all’allenamento dei bambini dovrebbe da una parte avere una adeguata formazione tecnica, individuando eventuali situazioni di salute che impediscono al bambino di svolgere correttamente e senza pericoli la disciplina (ad esempio, valutare se la conformazione delle ginocchia è idonea per sopportare lo sforzo richiesto dalla pallavolo); poi, nel caso di bambini piuttosto piccoli, dovrebbe essere in grado di lasciarli esprimere nel gioco, supervisionandone i comportamenti e introducendo le regole basilari.
Fare sport nell’età prescolare spesso vuol dire giocare e, divertendosi, apprezzare l’importanza di far parte di un gruppo, di apprendere che ci sono delle regole da rispettare. Imponendo troppe regole e troppi tecnicismi il bambino, stanco di una giornata in classe, si demotiva velocemente e perde interesse nello sport, etichettandolo come qualcosa che non gli piace.
I bambini che, invece, vanno a scuola sono più pronti per imparare le regole, ma ciò non giustifica che lo sport non possa diventare un’imposizione, qualcosa di troppo impegnativo. In questa età, più che mai, il diktat dovrebbe essere che l’importante è partecipare e che lo stress non è certo adatto ai giovanissimi, nemmeno nello sport.
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