È stata pubblicata in questi giorni su La Repubblica l’intervista a Maria Luisa Muggiasca, 56 anni, responsabile del reparto di Patologia della gravidanza dell’ospedale Buzzi e obbiettore di coscienza. La figura dell’obbiettore di coscienza è sicuramente molto discussa: si tratta di medici che non procurano aborti, per motivazioni etiche o religiose.
L’obbiettore di coscienza
La dottoressa in questione dice di non essere particolarmente religiosa ma di disapprovare chi, soprattutto in passato ha utilizzato l’aborto come metodo contraccettivo ritardato. Anzi, dice di aver votato a favore della legge sull’aborto: ma poi non potendo sapere esattamente quali sono i casi in cui intervenire e quali quelli in cui non farlo, per non avere dubbi, è diventata obbiettore di coscienza. Come del resto il 70% dei medici italiani, che se confrontato con il 10% del Regno Unito, fa un po’ riflettere.
Ci sono regioni in cui gli obbiettori sono il 100%: e se quindi magari la vostra regione non offre questo servizio, e avete scoperto che il feto ha una patologia gravissima che ne ostacola la sopravvivenza una volta nato, allora dovete trovare l’ospedale che vi permetta di abortire da un’altra parte.
La n. 194, la legge sull’aborto
La legge 194 ha dato alle donne la possibilità di decidere in prima persona di una gravidanza: e si pensa che a parte rarissimi casi, la scelta di effettuare un aborto, quale che ne sia la motivazione lasci comunque sulla madre una ferita difficilmente sanabile. Eppure a volte sembrano non esserci vie d’uscita.
Del resto la legge permette anche ai medici di rispettare la propria coscienza e rifiutare questa pratica: ma a pensarci bene lo stesso concetto di obiezione di coscienza sembra un po’ abusato. La vera obiezione di coscienza è quella che fa infrangere una legge per non sottostare ad imposizioni statali che vanno al di là della propria etica: e se ne pagano le conseguenze, come facevano i renitenti alla leva tanti anni fa.
Nel caso del medico obbiettore di coscienza, le conseguenze ricadono solo sulla donna. Resta fermo il concetto che l’obiezione non è valida se la donna versa in pericolo di vita.
Ma adesso una domanda per voi: è giusta l’obiezione di coscienza? È più importante il diritto del medico a non macchiare la sua coscienza o della donna a disporre del proprio corpo?
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