I bambini, fin da piccolissimi, esplorano, curiosano e irrimediabilmente, sono attratti dalle cose più pericolose: prese di corrente, scale e così via. Ecco allora che mamma e papà entrano nel vortice, lunghissimo, chilometrico, infinito, di “no” che, negli anni a venire, continueranno a ripetere ai propri figli. Un quantitativo esorbitante di rimproveri, fatti ovviamente a fin di bene.
Ma quando è giusto “pretendere” che i bimbi capiscano il significato dei nostri “no”? Quando imporre un senso ai nostri rimproveri?
Prima dell’anno di vita
Intorno all’anno di età, un bambino non riesce a comprendere il significato di un divieto. Se si vuole richiamare la sua attenzione sulla pericolosità di una situazione, è bene richiamarlo con un secco “no”, sottolineato da un tono di voce alto, in modo da catturare la sua attenzione. Non bisogna però pretendere che ne comprenda il perché. Occorre invece accontentarsi che, complice il tono della voce perentorio, per il momento il piccolo non faccia l’azione potenzialmente pericolosa.
Intorno ai 2-3 anni
Per far comprendere il significato dei “no” ci vorrà molto tempo, molta pazienza, qualche decina di oggetti rotti e parecchi lividi alle ginocchia. Solo intorno ai 2-3 anni, infatti, il bimbo realizza i divieti, non tanto perché comprende la presenza di un pericolo, ma piuttosto perché teme le conseguenze di qualcosa che sa essere disapprovato.
Dopo i 3 anni
Dopo i 3 anni, i “no” detti dai genitori cambiano genere. Non sono più ammonimenti per evitare pericoli e situazioni rischiose (o almeno, non solo), ma anche rimproveri per “punire” un comportamento non corretto. Man mano che il bimbo prende consapevolezza della propria individualità, infatti, intuisce che si può decidere di fare una cosa piuttosto che un’altra (spesso quella sbagliata). Ecco allora, che il “no” entra nella sfera del rimprovero pedagogico, volto a punire comportamenti scorretti e di maleducazione.
In questa fase, è importante che i genitori siano in sintonia sui “no” che vengono detti. Per dare regole ai bambini bisogna avere un progetto pedagogico ed educativo condiviso (meglio se esteso anche agli altri componenti della famiglia: nonni, zii, baby sitter…che accudiscono i bambini). Essere affiatati e d’accordo sui rimproveri, anche se non sembra, è una sicurezza per i bambini. In questo modo crescono consapevoli di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e acquistano sicurezza in loro stessi.
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