Negli ultimi anni siamo entrati in una rivoluzione digitale e tecnologica travolgente che ha cambiato non solo la vita degli adulti, ma anche quella dei bambini definiti “nativi digitali” e, come tali, vanno tutelati.
I diritti dei “nativi digitali”
Il centro studi Erickson ha diffuso un interessante filmato in cui elenca i diritti dei “nativi digitali”. Il punto 4 recita: «Diritto ad usare in modo critico e creativo le tecnologie senza farsi usare da esse.» È chiaro che utilizzare la tecnologia non è sufficiente. Spesso i bambini (come tutti noi) sono fruitori passivi di strumenti e software soprattutto nel loro tempo libero. Ciò aumenta il rischio, e non solo per i piccoli, di essere usati dalla tecnologia, senza avere la possibilità di usarla proattivamente. I nativi digitali non possono accontentarsi di utilizzare un sito web, una app, un videogioco, ma devono avere tutti gli strumenti per progettarne uno. «Don’t just play on your phone, program it», ha detto l’ormai uscente presidente Obama presentando la Computer Science Education Week.
Il pensiero computazionale
Molte grandi aziende, tra cui l’italiana Clementoni, hanno scommesso proprio su questo punto: sviluppare il pensiero computazionale, cioè trovare delle soluzioni più o meno creative e semplici ad un problema complesso, usando solo gli strumenti che si hanno a disposizione. Si tratta in pratica di sviluppare nel bambino il pensiero algoritmico e il problem solving, importanti fin da piccoli in ogni aspetto della vita.
Gli strumenti per svilupparlo
Il pensiero computazionale si sviluppa principalmente attraverso il coding (cioè programmazione). E anche se può sembrare strano i bambini sono molto più competenti di quello che pensiamo, basta solo incoraggiarli. E così i giochi si trasformano, diventano tecnologici: robottini programmati dai bambini, circuiti morbidi per creare dei piccoli automi, e linguaggi di programmazione a blocchi (Scratch). Sono questi i principali mezzi tecnologici che fanno sviluppare ai piccoli senso critico e capacità cognitive. Attraverso lo sviluppo del proprio gioco o, al contrario, scomponendone uno già fatto, il bambino capisce il significato intrinseco della tecnologia e non userà più solo un dito per muovere il personaggio in un percorso prestabilito da altri, bensì creerà il suo personaggio, la sua storia, il suo libro!
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