Fa parlare la notizia della protesta delle donne dell’isola de La Maddalena contro la chiusura dell’unico punto nascita dell’arcipelago. Una decisione dettata da insensati tagli dei servizi pubblici che costringe le mamme maddalenine a raggiungere Olbia in traghetto, anche con il mare in burrasca, per mettere al mondo i loro piccoli. Con il rischio, e questo va detto, di partorire in mezzo al mare o lungo la strada, stretta e trafficatissima, che dal porto conduce all’ospedale di Olbia.
I motivi della chiusura del punto nascita
Secondo la Regione Sardegna i 30 nuovi cittadini maddalenini, quasi tutti maschietti, che verranno alla luce nei prossimi mesi non sono sufficienti a tenere aperto il punto nascita dell’ospedale Paolo Merlo di La Maddalena a causa di un decreto ministeriale che richiede almeno 500 parti all’anno per tenere aperti i reparti di ostetricia e garantire la professionalità di medici, infermieri, ostetriche e anestesisti. A essere ammessi saranno soltanto i parti d’urgenza, con trasferimento a Olbia a tre ore dal parto. La legge ammette anche una deroga che, considerati i mari burrascosi e l’eccessiva distanza dall’ospedale di Olbia, sarebbe giusto applicare. Da qui la protesta delle future mamme maddalenine.
La lotta delle pance contro la chiusura del punto nascita
La promessa del trasporto in elicottero, forse perché piuttosto dubbia, sembra non aver convinto le future mamme isolane che in pochi giorni hanno mandato una lettera al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e organizzato una raccolta firme e una manifestazione per rivendicare il diritto a far nascere i loro bambini sull’isola come è sempre stato dal 1970. Inoltre, infaticabili come solo le mamme sanno essere, sono riuscite a confrontarsi con i dirigenti della due ASSL. Per ora purtroppo nulla è cambiato.
Riuscirà stavolta la politica a fare un passo indietro e a riaprire il punto nascita maddalenino? Noi ci speriamo e, come la comica Luciana Littizzetto, ci schieriamo con le mamme isolane.
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