Io con le altre mamme vado poco d’accordo. Non con tutte chiaramente, ma con la maggior parte di loro mi trovo spesso in disaccordo.
Principalmente credo che questo sentimento sia dovuto al fatto che, sentendole parlare e guardandole fare, mi assale sempre il senso di inadeguatezza. E per il fatto che difficilmente riescono a mantenere quella leggerezza che tanto apprezzo nelle persone.
Per carità è dura. Anch’io a volte vacillo e dal mio ruolo di “giullare” scivolo in un attimo in quello di mamma rompipalle senza nemmeno accorgermene. Però, ecco, prendermi troppo sul serio non mi è mai piaciuto. E faccio fatica a confrontarmi con chi sul serio ci si prende anche troppo.
La maternità, d’altra parte, mi ha fatto capire che la mia verità non è la verità di tutte le donne e che il mio è solo uno dei tanti modi di vivere questo ruolo. E che vanno bene anche tutti gli altri modi, solo che io non li sento miei.
Piano piano sto accettando il fatto che, pur avendo un figlio, ho deciso di conservare una parte della me che c’era prima (quella sconclusionata, spensierata), di far convivere aperitivi e biberon e il fatto che abbia deciso di vivere la maternità in modo non del tutto totalizzante, o almeno che ci stia provando.
È come se ci fossero due me che fanno a cazzotti dalla mattina alla sera, dal lunedì al venerdì (soprattutto il venerdì) ma pian piano sto accettando il mio voler trovare un equilibrio tra queste due, dando ascolto ad entrambe invece di ammazzarne una. E sto capendo che tutto ciò non significa necessariamente che non possa essere anche una buona mamma.
Un esempio. Prima di diventare mamma ho sempre sostenuto che i figli dovevano stare con i genitori, ovunque loro andassero. Ora mi sto convincendo del fatto che, se c’è la possibilità, le uscite andrebbero organizzate lasciando i figli a casa. O almeno, le mie uscite.
Non sempre è possibile, né bello, ma io la mia cena al ristorante me la voglio mangiare calda e il mio bicchiere di vino bere in tranquillità. Mentre a mio figlio di starsene fino a tardi in mezzo a gente chiassosa non frega nulla anzi, lui si rilassa a casa sua, col suo pigiamino, il suo letto e i suoi giochi. Quindi, per farla breve, personalmente preferisco uscire meno ma farlo, quando posso, lasciando Pietro ai nonni o a qualche zia (leggi come mia amica) di buon cuore.
Ora il fatto che lo pensi io non significa che sia la cosa giusta, ma so che è la cosa giusta per me, come donna prima che come mamma. E io per essere una buona mamma devo provare ad essere appagata come donna!
Io non ho cercato la maternità, ho fatto una gran fatica ad accettarla e ancora ci sto lavorando; ma ho sempre stimato chi sapeva reinventarsi, chi davanti all’imprevisto riusciva a pensare positivo e a farlo girare a suo favore.
E allora ben venga il fatto di plasmare la maternità su ognuna di noi, renderla personale, viverla come ci si sente. Ma questo è semplicemente un modo di viverla, uno dei mila milioni possibili, il mio. E non pretendo che sia più giusto o più sbagliato, mi piacerebbe solo che dal confronto con le altre mamme (quelle che ho sempre evitato come la peste, dalle quali mi sono sempre guardata per paura proprio di questo) non se ne debba uscire per forza ripiegate su se stesse e accartocciate sul proprio senso di colpa e di inadeguatezza.
Che ognuno trovi il suo modo di essere mamma, che lo condivida, che ne parli pure ma, per favore, concedeteci almeno una possibilità!
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