La piaga del bullismo sembra non aver fine, è di pochi giorni la notizia di un’adolescente australiana che non reggendo alle aggressioni dei cyberbulli si è tolta la vita all’età di 14 anni. La vittima è Amy Everett, nota a tutti come Dolly, piccola stella della pubblicità, che alcuni anni fa aveva prestato il proprio volto ad una nota azienda produttrice di cappelli australiana, la Akubra.
Dolly, 14 anni, suicida per bullismo
Il fatto è avvenuto il 3 gennaio, dopo che Dolly, derisa e perseguitata sui social, non ha più retto alla pressione dei cyberbulli e ha deciso di porre fine a questa situazione nel modo più tragico possibile, togliendosi la vita. Il padre della ragazza, Tick Everett, alcuni giorni dopo il tragico evento, forse per riuscire a sopravvivere al dolore per la perdita della figlia, ha deciso di rompere il silenzio e dalla sua pagina Facebook ha lanciato un appello affinché quello che è successo a Dolly non capiti ad altri ragazzi.
Così dopo aver ringraziato tutti per l’affetto dimostrato alla sua famiglia, si è rivolto direttamente ai bulli, invitandoli a leggere il suo post, nonché a prendere parte al funerale di Dolly, perché solo in questo modo riusciranno a capire la grande devastazione causata dai loro gesti.
Cyberbullismo, le vittime sono i più piccoli
La storia di Dolly è una di quelle che lascia l’amaro in bocca, una di quelle storie che nessuno vorrebbe mai leggere. Combattere il fenomeno del bullismo è fondamentale affinché non si leggano mai più storie come questa e al riguardo, quanto fatto dalla famiglia della ragazza ha lo scopo di scuotere le coscienze, sia della comunità, sia soprattutto dei bulli, in modo che capiscano quelle che potrebbero essere le conseguenze del loro comportamento.
In Italia si stanno muovendo i primi passi per arginare il fenomeno dilagante del bullismo e di recente è stata approvata una legge contro il cyberbullismo. Ricordiamo pe3rò che l’arma vincente risiede nei sistemi educativi, che partono dalla famiglia, per proseguire nelle scuole di ogni ordine e grado.
Molti, accogliendo l’appello del padre hanno condiviso sui social la storia di Dolly e lanciato l’hashtag #stopalbullismo.
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terribile pensare che certamente ad agire erano dei coetanei, dei ragazzini, non credo proprio che degli adulti… Ma è facile supporre che la motivazione fosse l’invidia per quella notorietà, quel successo pubblicitario, anche a distanza di qualche anno, e allora sì qualche adulto irresponsabile può essersi lasciato sfuggire frasi maligne che i familiari teenagers certo teste vuote hanno raccolto facendone o spunto per questa crudeltà… crudeltà che deriva pur sempre dall’ambiente dove sono cresciuti, dall'”educazione”.