Quando una coppia si lascia (decidendo di separarsi o divorziare) c’è un aspetto che spesso non si considera e che diventa un motivo di contesa tra gli ex partner.
Infatti, a risentire di questa scelta è l’unità della famiglia e in particolar modo i figli, sul cui futuro mamma e papà vogliono avere voce in capitolo. Ad esempio, a chi tocca la scelta della scuola che frequenteranno, decidendo se sia meglio pubblica o privata? Quali sono i fattori che influiscono e cosa accade se tra gli ex coniugi non c’è accordo? Proviamo a fare chiarezza su un tema delicato e che comporta dolorose liti sulla pelle dei più piccoli.
Le dispute nella scelta della scuola
Come spiegano gli psicologi, la separazione (o il divorzio) è per la famiglia un impoverimento affettivo ma anche economico dato che porta a scelte che non sempre tutelano i bambini. Quindi, ad esempio, capita che i genitori da soli non riescano più ad affrontare le spese affinché un figlio continui a frequentare un istituto privato: questo è solo un caso particolare ma spiega l’entità delle scelte a cui si va incontro se in ballo c’è il futuro scolastico dei più piccoli.
Ma come sciogliere il dilemma tra scuola (o anche università) pubblica e privata? E a chi tocca l’ultima parola se non c’è il consenso di entrambi? Il buon senso vorrebbe che i genitori pensino al bene dei figli ma spesso si arriva a delle battaglie giudiziarie.
La presentazione dell’istanza
La scelta tra scuola pubblica o privata deve tenere conto delle possibilità economiche dei partner, dal momento che in linea di massima non si può presumere che la qualità di una sia maggiore rispetto all’altra.
In caso di mancato consenso, la decisione spetta a un giudice che opta di solito per un istituto o ateneo pubblico, fatte salve le esigenze particolari del caso. Infatti, a meno di lampanti controindicazioni, il tribunale decide in osservanza dei canoni dell’ordinamento che riconosce le scuole pubbliche come più idonee allo sviluppo culturale.
Non solo: secondo l’articolo 33 della Costituzione, le statali esprimerebbero al meglio il sistema di istruzione nazionale e godono del carattere di “neutralità” che consente di non orientare indebitamente il percorso del minore.
Comunque, il giudice non cerca una terza soluzione rispetto a quelle paventate dai genitori ma decide quale delle due faccia di più gli interessi del bambino. I casi particolari Insomma, se i contendenti non sono d’accordo interviene il cosiddetto “terzo genitore” che, fissata una udienza, ascolta le parti: nel caso in cui il minore abbia più di 12 anni anche il suo parere sarà vincolante nella scelta.
Ovviamente, presentare l’istanza a un giudice è una sconfitta per i genitori che mostrano di non saper scegliere assieme e delegano un terzo che, nonostante il buon senso, non conosce bene le dinamiche familiari.
Tuttavia, il magistrato tende a preferire la scuola pubblica perché è gratuita, garantisce un’educazione pluralistica e lontana da modelli culturali di parte; un istituto privato può essere privilegiato in situazioni eccezionali se è particolarmente indicato per il minore, se si vuole preservare la sua continuità didattica (terminare gli studi dove li ha cominciati) o se offre un percorso di studi che altri non hanno.
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