Anche per il 2018 sono state confermate forme di sostegno alle neomamme (il “bonus bebè”) e altri contributi che lo Stato italiano corrisponde alle famiglie: vediamo quali sono e come sono richiedibili.
La conferma del “bonus bebè”
Adottato a partire dall’inizio del 2015, l’assegno di natalità – entrato nella vulgata quotidiana come “bonus bebè“- è stato confermato anche per il 2018 grazie a una proroga inserita nell’ultima Legge di Bilancio: per ottenere il contributo è discriminante la data di nascita del bimbo e bisogna individuare due segmenti temporali.
Coloro che sono nati (o stati adottati) tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017 hanno diritto a un assegno di 80 euro per 36 mesi (ma nel caso delle famiglie meno abbienti la somma cresce e tocca i 1960 euro annui); se però i genitori presentano la richiesta all’Inps oltre tre mesi dopo la nascita, ecco che l’assegno decorre solo a partire dal 90esimo giorno.
Nel caso di nascite e adozioni avvenute nel corso del 2018, si restringe la “finestra temporale” e il “bonus bebè” viene erogato solamente per 12 mesi: tuttavia, i requisiti familiari per beneficiare non variano dato che chi presenta un ISEE sotto i 25mila euro riceve 960 euro l’anno, mentre sotto i 7mila la somma, di fatto, raddoppia.
Congedi ai papà e agevolazioni per i nidi
Non solo l’assegno di natalità: nel 2018 sarà possibile per le neomamme fare richiesta del bonus di 800 euro (una sorta di premio alla nascita per coloro che sono in attesa) e riguarda i bimbi nati o adottati dalla data del 1° gennaio 2017 e che, invece, non è sottoposto a nessun limite in base all’ISEE: in tale caso la domanda va presentata all’Inps a partire dal settimo mese di gravidanza e a non oltre un anno di distanza dall’evento.
Infine, va ricordato anche che sono disponibili misure di sostegno per iscrivere i bimbi all’asilo (massimo 1000 euro per le rette di scuole materne e private) se nati dopo il 1° gennaio 2016 e per il congedo di paternità: ai papà lavoratori sono concessi quattro giorni, anziché due, di assenza dal lavoro e che sono richiedibili anche se non continuativi, ma solo entro i primi 5 mesi di vita del bebè.
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