Quando sono rimasta incinta avevo quasi trent’anni. Ero un’adulta, eppure mi percepivo piccola e soprattutto molto sperduta. Ero spaventata. La maternità la pensavo come una cosa “da grandi” e per grandi intendo “quando finalmente sei stabile“.
Lavoro sicuro e ben pagato, casa di proprietà, sicurezza sentimentale. Un posto nel mondo dove sentirsi “arrivati”.
Ci ho messo cinque anni e un figlio per capire che, invece, la stabilità è, almeno per me, una condizione mentale che non avrò mai e soprattutto che se avessi aspettato di averla, il cosidetto momento giusto, io mamma non lo sarei mai diventata.
Non avrei mai deciso che ero pronta, grande abbastanza da potermi prendere cura di un’altra vita. La verità è che prima di diventare mamma avevo tutta una serie di certezze che solo il tempo è riuscito, in parte, a scardinare.
Pensavo che prima ci si dovesse “risolvere”, trovare le risposte perché quella radicata nella mia mente era l’immagine di una madre perfetta, che non aveva mai un cedimento, un ripensamento, un attimo di stanchezza.
Era l’immagine di una donna arrivata: già cresciuta.
Che stavo sbagliando l’ho capito perché ho parlato con tante mamme e tutte, ma proprio tutte, mi hanno ripetuto la stessa cosa, ovvero che, qualsiasi fosse il loro approccio alla genitorialità, in quel ruolo si sentivano inadeguate. Impaurite. Col terrore di sbagliare.
E allora ho finalmente capito che i genitori altro non sono che persone, imperfette in quanto tali, che si mettono a disposizione di un’altra persona e che tentano di fare del loro meglio.
Sbagliando spesso, arrendendosi mai.
E ho capito anche che quello della genitorialità non è altro che una parte del percorso, uno dei tanti rapporti d’amore che nella nostra vita viviamo, probabilmente uno dei più intensi, ma di certo non l’unico e in quanto tale anch’esso pieno di umana imperfezione.
Ho capito che non c’è nessuna risposta giusta in assoluto, ma che c’è ne sono tante, alcune più altre meno, giuste per ognuno di noi. Così come non c’è un solo modo di essere madre, ma innumerevoli. Ho capito che essere genitore è un percorso di crescita e in quanto tale difficile e, a volte, doloroso, di certo sempre pieno d’amore, nel quale spesso sono proprio i nostri figli, le loro domande, i loro pianti e i loro sorrisi, ad indicarci la strada giusta.
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