Ancora una volta emergono tristi fatti di cronaca collegati alle violenze ostetriche in sala parto. La famiglia di un bambino calabrese, venuto alla luce circa un anno fa nel reparto di Ginecologia dell’Ospedale “Annunziata” di Cosenza, ha deciso di citare in giudizio la struttura sanitaria, chiedendo un risarcimento di cinque milioni di euro dato che il piccolo è rimasto invalido dopo il parto.
Bimbo reso invalido dalla nascita
L’accusa che due genitori calabresi hanno mosso alla struttura sanitaria presso cui è nato il loro bimbo, circa un anno fa, è quella di “violenza ostetrica” ai danni del piccolo e della mamma: la storia che arriva da Cosenza riguarda infatti un neonato rimasto gravemente invalido in seguito alle manovre per il parto con ventosa, che secondo i genitori sarebbero state completamente “errate e fuori controllo”.
Nella denuncia la famiglia chiede il risarcimento per circa cinque milioni di euro dato che all’epoca la neomamma era stata sottoposta a un parto con ventosa senza il suo consenso. Questa pratica, conosciuta anche come manovra di Kristeller, è una pratica che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha più volte sconsigliato e che, in alcuni Paesi, è addirittura stata vietata espressamente.
Il racconto della mamma
Secondo le cronache locali, l’azienda ospedaliera cosentina avrebbe già respinto le accuse, negando quindi la denuncia di mala sanità : non la pensa così la madre che, rievocando la vicenda, ricorda di essere arrivata in ospedale in condizioni normali, prima di essere sottoposta alla pratica del parto con ventosa, a cui non aveva acconsentito.
Secondo il medico legale che ha effettuato una perizia, questa manovra e l’atteggiamento del personale in sala, hanno portato a mamma e figlio gravi conseguenze. Infatti la donna adesso soffre di gravi disturbi d’ansia e fenomeni depressivi, anche a causa del trattamento subito in sala parto : come le umiliazioni verbali e fisiche, sentendosi dire frasi come “è la madre che fa soffrire il bambino perché non sa spingere”, e l’inadeguata terapia del dolore, oltre che di averla lasciata in sala parto “nuda e in totale mancanza di riservatezza“. Mentre il suo bambino, ancora ricoverato al Bambin Gesù di Roma, sta ancora lottando per limitare i segni lasciati da quell’evento.
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