La vita di un genitore è una questione di fasi, lo sappiamo.
C’è la fase dell‘attesa, quella durante la quale sogni ad occhi aperti e ti abbandoni a fantasie dolcissime su che tipo di genitore sarai. Quella durante la quale pronunci un sacco di: “Mai” e di sentenze su tutto ciò che “quando si tratterà di mio figlio mi comporterò diversamente”.
Quella delle attese che saranno disattese, in pratica. Tutte, una alla volta, singolarmente.
Poi c’è la fase dell’accudimento che fa un po’ rima con esaurimento delle mamme, ma anche dei papà. Quella in cui ti ritrovi in un attimo a fare il genitore senza le istruzioni per l’uso e senza avere nemmeno un attimo per temporeggiare ancora. Né per dormire.
È la fase del sonno dei genitori, quella che comincia quanto tuoi figlio ha un giorno e non finirà mai più.
Poi ci sono i terrible two, temibile fase dei “No” pronunciati dai nostri figli senza che ci lascino nemmeno il tempo di spiegare loro cosa intendevamo
La fase dei pianti isterici perché ancora non sanno farsi capire, delle risposte ai “perché” ripetuti anche duecento volte al giorno.
Dei vizi e dei capricci, delle influenze del weekend, delle vacanze saltate all’ultimo minuto a causa dei microbi di tuo figlio.
Questa è la fase peggiore, però poi passa.
Poi crescono, pian piano, un giorno dopo l’altro, una scuola nuova dopo l’altra, i compiti, gli amichetti in casa, le gite, i pigiama party, le domande “scomode”, gli incontri e gli scontri e tutte quelle cose là che però ancora non conosco perché mio figlio ha solo cinque anni e mezzo.
Ma che mi fanno comunque paura. Tanto, anche se non abbastanza quanto l’adolescenza.
La vita di un genitore è una questione di fasi e per sopravvivere al quella attuale è godersela. Pensando che la successiva sarà peggiore.
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