Una ragazzino di 17 anni è stato barbaramente ucciso e mutilato in Mozambico, nell’area di Moatize. La sua colpa quella di essere albino in una terra di neri. Secondo quanto riportato dai media locali, parti del suo corpo sono state asportate per alimentare il fiorente commercio di organi umani. Un episodio che conferma il crescente business del traffico di organi ai danni dei cosiddetti “figli della luna” o “zeru zeru”, i bambini albini africani oggetto di maldicenze e discriminazioni.
Albini mutilati in Africa: la lunga scia di sangue
Perseguitati a causa di una anomalia congenita della colore di pelle, peli e capelli. Il destino dei bambini albini africani è nero come il colore della morte. Ogni anno in Africa (in particolare in Malawi) si registrano decine di uccisioni di bambini e ragazzini albini, i cui corpi mutilati vengono utilizzato nel traffico illegale di organi.
L’ultimo caso, in ordine di tempo, è l’uccisione di un diciassettenne albino ammazzato e mutilato a Moatize, nel nord ovest del Mozambico. Ossa, cervello e arti amputati il macabro bottino degli assassini. L’ennesima morte bianca, frutto di superstizioni, maledizioni e ignoranza che sembrano legittimare l’azione di spietate organizzazioni criminali, spesso col consenso dei familiari delle vittime ricompensati con migliaia di dollari.
La Commissione Africana sui Diritti Umani si mobilita
Il macabro accanimento contro i ragazzini albini rientra in un’avversione sociale nei loro confronti che nasce da antiche superstizioni. Ripudiati dai padri oppure emarginati dalle famiglie anche se riconosciuti, oltre 30 mila albini africani vivono nel terrore di essere uccisi. Quello del diciassettenne assassinato in Mozambico è solo l’ennesimo episodio di persecuzione in Africa, il continente con il tasso più alto di albinismo.
Per combattere questa orribile piaga la Commissione Africana sui Diritti Umani in collaborazione con il Comitato Africano degli Esperti sui Diritti e Benessere del Bambino e organizzazioni umanitarie come Unicef e Unesco hanno redatto un Piano Regionale d’Azione comune che aiuti questi bambini. Un programma attuabile in 5 anni con azioni concrete a difesa della loro vita e sicurezza, con campagne di sensibilizzazione culturale, supporto alle vittime e trattamenti sanitari gratuiti.
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