I denti da latte sono una preziosa “fonte” di cellule staminali e secondo alcuni dentisti americani i genitori dovrebbero conservarli con l’aiuto delle possibilità offerte dalla scienza perché in futuro torneranno utili. Ecco quali sono i fondamenti scientifici di questa affermazione e le prospettive della ricerca.
Le cellule staminali nei denti da latte
“Conservate i denti da latte dei vostri figli: sono una straordinaria fonte di cellule staminali che un giorno potrebbero salvare loro la vita”: è questo, in estrema sintesi, l’appello lanciato da alcuni dentisti in servizio presso il National Center for Biotechnology del Maryland (USA) che invitano a non buttare i dentini perché quelle cellule potrebbero un giorno aiutare altre a rigenerarsi in diverse parti del corpo.
Tuttavia al momento persiste una soglia di ingresso molto elevata dato che si tratta di processi che richiedono un trattamento particolare: anche se esistono delle banche nate per questo scopo, i prezzi restano elevati e conservare i denti da latte per vent’anni costa circa duemila euro, quindi non tutti i genitori si sentono di affrontare questa spesa in mancanza di nuove evidenze oltre a quelle a disposizione dei genetisti.
Evidenze scientifiche e “fonti” alternative
Tra le evidenze di cui sopra c’è quella che, da un paio di decenni, spiega come le cellule staminali cosiddette mesenchimali nella polpa dei dentini da latte siano meno soggette a danni ambientali e quindi più utili per un impiego futuro: un giorno potrebbero essere usate per curare alcune patologie e rigenerare degli organi proprio come accade per quelle che si prelevano dal midollo osseo che è una delle principali riserve.
Va ricordato però che il prerequisito è la perfetta conservazione e anche il prelievo corretto dei denti che devono essere integri e non caduti completamente.
Secondo la dottoressa Nicoletta Sacchi, responsabile del Dipartimento di Scienze Genetiche degli “Ospedali Galliera” e del “Registro nazionale Italiano Donatori di Midollo Osseo”, è vero quanto dicono i dentisti statunitensi, ma non si deve dimenticare che queste cellule si possono prelevare facilmente in grande quantità anche dal cordone ombelicale e che i denti non ne costituiscono una fonte esclusiva.
Inoltre, anche se le prospettive invitano all’ottimismo, la dottoressa aggiunge che “le cellule mesenchimali non sono ancora impiegate in alcuna terapia conosciuta pur avendo indubbiamente grandi potenzialità” e che attualmente in Italia vi sono 35mila unità di sangue cordonale a disposizione per coloro che sono alla ricerca di un donatore.
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