I media statunitensi sono tornati a occuparsi della storia di Primrose, la bimba cinese nata cieca e abbandonata in orfanotrofio. La piccola, dopo una serie di complicate operazioni, è tornata a sorridere.
La storia della piccola Primrose
Primrose, la bambina di origini cinesi dagli “occhi d’argento”, adesso sta bene e non soffre più a causa del glaucoma congenito che l’aveva resa cieca dalla nascita: a riportare i riflettori sulla sua storia sono stati Eryn Austin e suo marito Chris che da più di tre anni documentano attraverso la loro pagina Facebook le cure e il lungo percorso di recupero di Primrose. Infatti nel 2015 la bimba fu adottata dalla coppia (che già aveva due figli) dopo che Eryn vide la sua foto in un gruppo sui social network dedicato ai bimbi in orfanotrofio: a detta della signora Austin a colpirla furono i suoi occhi dal colore d’argento, dovuto alla rara malattia che non solo le impedisce di vedere ma che all’epoca le causava enormi sofferenze tanto che Primrose piangeva per tutto il giorno e non riusciva nemmeno a mangiare e dormire.
Le ultime operazioni agli occhi
Alcuni giorni fa Eryn ha postato sul suo profilo Facebook una foto che ritrae la famiglia distesa in un letto di ospedale accanto a Primrose poco prima che la bimba si sottoponesse a un nuovo intervento chirurgico agli occhi: “Dio, fa’ che trovino la fonte del suo dolore” scriveva la donna, auspicando che il lungo ‘calvario’ della piccola potesse presto concludersi. E a giudicare dai successivi aggiornamenti, in cui si racconta come per Primrose l’ennesimo decorso post-operatorio sia stato difficile anche per via della “sofferta decisione dei medici di rimuoverle i bulbi oculari”, pare che le condizioni della bambina stiano migliorando. In uno scatto, mentre è in braccio alla mamma, mostra finalmente un sorriso tanto che alcuni media statunitensi parlano di un miracolo: la bambina ha infatti ricominciato a comunicare e sta imparando pure per la prima volta a camminare dato che la sua sindrome e la trascuratezza in orfanotrofio nei primi anni l’avevano relegata continuamente in un letto o in braccio ai suoi genitori.
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