Le notizie e le statistiche ci riportando dati molto scoraggianti sulla conciliazione di famiglia e lavoro : sono sempre più numerose le neomamme che in seguito ad una gravidanza decidono di dare le dimissioni dal lavoro.
7 neomamme su 10 non tornano al lavoro
Non si tratta quindi di avanzamenti o promozioni ma proprio del mantenimento dell’occupazione svolta, anche per diverso tempo, prima della gestazione. I numeri sono allarmanti: si aggira intorno a 7 su 10 la percentuale di neo mamme costrette a dare le dimissioni oppure non confermate nel ruolo. Se ce ne fosse ancora bisogno, questa è l’ennesima dimostrazione che, a fronte di un calo di nascite costante e sempre in aumento, l’Italia non fa niente per arginare il problema e anzi scoraggia le lavoratrici che decidono di mettere al mondo un bambino seppure tra mille rischi e incertezze.
I dati concreti dell’Ispettorato al Lavoro
I dati di cui sopra sono purtroppo tutt’altro che fantasiosi. Sono stati, infatti, pubblicati dall‘Ispettorato al Lavoro, organo di assoluta autorevolezza che conosce in modo approfondito la casistica relativa al mercato del lavoro in Italia.
Proprio l’Ispettorato al Lavoro parla di 35.000 donne che nel 2019 non sono tornate a lavoro al termine di una maternità; la percentuale, appunto, è di 7 su 10.
Per amore di cronaca e per testimoniare quanto la famiglia in Italia faccia sempre le spese delle scelte politiche, dobbiamo aggiungere che c’è anche una sensibile percentuale di padri che, dopo un periodo dedicato al figlio, lasciano il posto di lavoro. I numeri relativi al 2019, sempre secondo l’Ispettorato al Lavoro, si attestano intorno a 13.000: un numero enorme ma pur sempre 1/3 rispetto al totale delle donne.
Cosa si nasconde dietro questi numeri
Purtroppo non è facile interpretare ciò che si nasconde dietro a questi numeri. Sappiamo già che molte donne al momento dell’assunzione vengono costrette a firmare lettere di dimissioni in bianco, che il datore di lavoro “rispolvera” non appena ha notizia della gravidanza.
Anche nei casi in cui le dimissioni sono davvero volontarie (49.000 nel 2019, secondo l’Ispettorato al Lavoro), però il fenomeno non è meno preoccupante perché attesta l’impossibilità della donna di affidare il figlio a servizi 0-3 o di usufruire di voucher e aiuti alla famiglia.
Sappiamo infatti che i servizi nido hanno costi talvolta irraggiungibili per una famiglia media e che per l’ingresso vi sono liste di attesa molto lunghe, specialmente nelle grandi città.
Sono quasi 21.000 le donne che hanno dichiarato di non poter in alcun modo coniugare i tempi di lavoro e della famiglia e che, dovendo per forza scegliere, sono costrette ad abbandonare l’impiego. I nonni, infatti, seppure vi siano, spesso lavorano ed hanno molti impegni di carattere famigliare. Il bambino deve essere quindi gestito dai genitori. Poiché gli uomini hanno generalmente stipendi più alti, è gioco forza che sia la madre a dover rinunciare alla propria carriera.
Il video della settimana