Da qualche giorno si parla di una vicenda che riguarda la sepoltura dei feti. A darne voce su Facebook è stata una donna romana alquanto allibita da ciò che le è capitato. La signora, ha raccontato che dopo un aborto avvenuto all’ospedale San Camillo di Roma, si è ritrovata, a sua insaputa, una tomba (al cimitero Flaminio) con una croce e il suo nome scritto sopra. Inoltre, vi è anche la data in cui è avvenuta l’operazione. Quando le hanno domandato se si sarebbe occupata lei delle esequie, la donna ha espressamente risposto di no; di certo non si immaginava che avrebbe visto una croce con il suo nome in un cimitero della capitale.
La situazione in Italia
In Italia, da quanto si è appreso in questi giorni, ci sono molti cimiteri di questo tipo. Questi cimiteri di bimbi mai nati, sembrerebbero autorizzati dai singoli Comuni e gestiti da alcune associazioni con i fondi dei donatori, ma in tutto ciò molte mamme che vengono da un’interruzione di gravidanza, spesso non sono informate riguardo la sepoltura del proprio feto, e nemmeno sul fatto che i loro nomi vengano raffigurati sulla tomba.
La normativa italiana
Non vi sono regolamenti e normative che delineano un quadro preciso per il trattamento dei feti. Questa tipologia di sepoltura viene disciplinata dal Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria. All’articolo 7 vi sono svariate procedure, sia che si tratti di un nato già morto, di un feto, oppure di un prodotto abortivo. Con la definizione “nato già morto” si indicano i feti che hanno raggiunto le ventotto settimane di età dichiarati così all’ufficiale di stato civile. Qui la sepoltura viene sempre effettuata, come accade per una persona adulta. Se invece il feto ha fra le venti e le ventotto settimane di gestazione (senza essere stato espressamente dichiarato nato già morto all’ufficiale di stato civile), il permesso di trasporto e di sepoltura vengono rilasciati dall’Asl e non c’è bisogno che i genitori facciano richiesta (ovviamente se vogliono organizzare una cerimonia privata le cose cambiano). Per finire, se i feti hanno un’età sotto alle venti settimane, la sepoltura è del tutto facoltativa e la richiesta va stipulata dai parenti entro e non oltre le 24 ore da quando è stato espulso il feto. In caso non ci sia nessuna richiesta, ciò che è stato concepito lo smaltisce direttamente l’ospedale attraverso termodistruzione. Ed è proprio in questi casi che entra in gioco l’attività di Advm (associazione difendere la vita con Maria). L’associazione, procede stipulando una convenzione con l’ospedale e con l’Asl, e si muove per seppellire i feti inferiori alle venti settimane di gestazione, nel momento in cui i parenti non mandino alcuna richiesta. I volontari vanno di persona a prendere i resti, li ripongono in delle scatole con una croce raffigurata, dopodiché svolgono delle cerimonie funebri nelle zone preposte. I costi delle sepolture sono sostenute dai volontari.
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