Arriva dall’università di Milano-Bicocca uno studio, diffuso dalla rivista ‘Journal of Social and Personal Relationships’, che mette in guardia dal rischio del ‘phubbing‘, cioè dell‘eccessiva attenzione dedicata al cellulare. Il rischio sembra particolarmente elevato per i ragazzi e per il rapporto con i genitori ed il fenomeno si amplifica man mano che l’età del ragazzo scende.
Il phubbing: cos’è e che conseguenze comporta
Che rimanere molte ore con il viso letteralmente attaccato allo schermo di un cellulare non faccia bene, non ci voleva la scienza a dirlo. Tuttavia quello che la scienza ha chiarito è il danno reale che questa brutta abitudine può avere dal punto di vista relazionale e psicologico.
Lo stesso termine adottato del resto rende molto bene il comportamento di chi, tramite il cellulare (phone) snobba (to snub) il suo interlocutore.
Serie sono le conseguenze di chi è vittima di questo atteggiamento, che si sente trascurato e può arrivare a sviluppare depressione.
Poco cambia se il phubbing avviene a casa o al lavoro, le conseguenze sono le medesime, ma sembra che gli adolescenti (fino ai bambini più piccoli) siano maggiormente esposti ai danni dell’essere ignorati dai propri genitori.
I danni nel rapporto genitori e figli
Si immagini questa situazione. Un ragazzo si rivolge al genitore perché ha un problema, o semplicemente ha bisogno di confrontarsi con lui su qualcosa. Il genitore però è impegnato in una chat, magari paradossalmente un gruppo in cui si parla degli eventi scolastici dei ragazzi. Non rispondendo alle sue richieste, il genitore sta rifiutando di fatto un contatto.
Se il ragazzo è abbastanza grande, potrà trovare attività alternative da svolgere, fermo restando che la sua delusione e la sua richiesta inascoltata lasceranno su di lui un vuoto (che aumenta via via che gli episodi si ripetono). Un bambino più piccolo invece, che non è in grado di elaborare cognitivamente la situazione, si sentirà davvero respinto, per non parlare di neonati che potrebbero piangere a lungo prima che il genitori si accorga di lui.
Ampio è stato il campione su cui si è svolto lo studio, riguardando ben 3.000 adolescenti. I risultati, raccolti tramite questionari, hanno mostrato come i punteggi dei ragazzi che lamentavano il maggior phubbing, si legavano anche a sensazioni di isolamento sociale ed emotivo.
Questo fenomeno non va assolutamente sottovalutato, perché gli studi tradizionali in psicologia sociale mostrano come le sensazioni di isolamento possano portare (negli adolescenti) a depressione, ansia, autolesionismo fino a gesti estremi, volti a lanciare un segnale di allarme e di richiesta di essere ‘visti’.
Del fenomeno si sa ancora poco, sottolinea il dottor Gerosa, sociologo, perché molto recente. Mancano ancora infatti delle norme sociali che ci aiutino a capire quanto si possa stare al telefono prima di ignorare gli altri, anche se il buon senso dovrebbe da solo bastare per rispondere.
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