Sempre più spesso si sente parlare della didattica laboratoriale. Sembra essere la nuova frontiera dell’insegnamento, che pare mettere d’accordo istituzioni e insegnanti, teoria e pratica di chi ogni giorno lavora con gli studenti.
Di cosa si tratta esattamente, e come viene svolta? Cerchiamo di approfondire l’argomento in questo articolo.
Didattica laboratoriale: cos’è?
Come suggerisce il nome stesso, la didattica laboratoriale è una forma di insegnamento che prevede, per il passaggio di nozioni, la presenza degli studenti in un laboratorio.
Non si tratta del classico laboratorio di chimica, ma di un luogo in cui gli studenti possano procedere con la creazione, l’esplorazione, la manualità, il fare, piuttosto che l’ascoltare.
A differenza di quanto si possa credere però, questa forma di didattica non è una moda attuale, poiché nasce già da diversi decenni, e trova il suo incipt nel cosiddetto ‘attivismo pedagogico’. Tale corrente parte dal presupposto che i bambini, per apprendere, debbano innanzitutto fare. Esistono due tipo di apprendimento: quello dichiarativo e quello procedurale. Nel primo caso il bambino impara quello che gli viene detto ma poco dopo, se non lo ripete, perde le nozioni.
Nel secondo caso lo studente impara attraverso le proprie azioni, e sembra che questo tipo di insegnamento si sedimenti maggiormente.
Come dire: si può anche dire ad un bambino come si dipinge, ma potrà impararlo davvero solo quando dipingerà.
Come funziona la didattica laboratoriale
Nei laboratori si procede organizzando la classe in piccoli gruppi.
A fare da collante c’è naturalmente l’insegnante, che dovrà badare al fatto che tra gli alunni si instauri un clima di cooperazione attiva.
Ogni alunno viene invitato a sviluppare il proprio metodo, e lo si incoraggia a ragionare sulle cose per poterle risolvere, anziché attendere che sia l’insegnante a farlo per lui.
Non solo manualità quindi, ma vera e propria logica esperienziale. Imparare facendo insomma.
Questo però non significa solo mettere in atto compiti meccanici o manuali.
Ad esempio, una didattica laboratoriale può anche procedere con l’insegnante che solleva una questione filosofica, o un argomento importante, e che poi spinge gli allievi a rifletterci ed a esprimere il proprio personale parere, al fine di arrivare ad un’opinione.
Il confronto e il dialogo sono alla base del laboratorio, tanto che alla fine della lezione il gruppo conclude con quella che si chiama la ‘mappa finale’, cioè il riassunto di tutto quello che si è fatto per arrivare alla soluzione.
Le domande classiche che l’insegnante stimolerà nell’alunno saranno quelle che lo portano a chiedersi cosa abbia imparato, come sia arrivato alle proprie conclusioni ed eventualmente cosa invece non lo abbia interessato.
Si tratta di quello che viene chiamato meta pensiero, cioè la riflessione sulle riflessioni.
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