Nella città sicula, dove lo stabilimento Eni ha per anni dato lavoro a migliaia di persone, i casi di bambini nati con malformazioni superano quelli di Taranto.
Gela, bambini malformati: i fatti
Raccogliere tutti i dati riferibili ai bambini nati con malformazione, con certezza assoluta, sarebbe impossibile: i dati dovrebbero essere diffusi dagli ospedali che consentono le nascite e qui, a Gela, ce ne sono diversi a non troppa distanza.
Per partorire, infatti, le mamme siciliane si possono rivolgere a Caltanissetta, Catania, Taormina o Roma, nei casi più complessi.
Ma chi ha provato a mettere insieme numeri e persone è arrivato a individuare almeno 450 bambini nati con malformazioni fra le più svariate, in 15 anni.
Bambini malformati a Gela: sospetti sulla raffineria Eni
Nonostante vi siano state sentenze, ben illustrate da parte dell’equipe legale della raffineria ad oggi in stato di riconversione, che hanno escluso il nesso causale che legherebbe le malformazioni con le miriadi di sostanze chimiche rilasciate nell’aria e negli acquitrini circostanti, sono moltissimi i provvedimenti ancora in corso che invece voglio dimostrare il contrario, avvalendosi anche delle testimonianze di tutti quei medici che, di fatto, hanno fatto nascere quei bambini e dato le tristi notizie alle famiglie.
Si tratta principalmente di anomalie dei genitali e per le anomalie urinarie e totali, numeri che superano di gran lunga la media nazionale a cui andrebbero sommate anche le gravidanze interrotte volontariamente a seguito di diagnosi prenatale negativa. Ma c’è di più: sono più alti anche i tassi di bambini con malattie neurodegenerative e le percentuali riguardanti l’abortività e l’infertilità maschile.
Gela: aiuti assenti
In questo quadro catastrofico, che mostra dati raddoppiati rispetto a ciò che accade nella ben più famosa Taranto, dove è presente l’ex Ilva, i genitori lamentano anche di essere stati letteralmente abbandonati dalle istituzioni, poiché non vi sono centri di recupero per i loro figli. Quindi moltissimi genitori, con lavori precari e pensioni d’accompagnamento quantomeno ridicole, sono anche costretti ad intraprendere viaggi verso altri poli della medicina, per assicurarsi almeno la dignità che spetta a questi piccoli, ma davvero forti, pazienti.
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