Purtroppo è un problema sempre più reale e frequente quello dei cosiddetti “figli invisibili”. Si tratta di bambini che vivono la quotidianità in modo del tutto solitario ed indipendente poiché uno o entrambi i genitori sono affetti da disturbi psichici o depressione.
La presenza di questi disagi in mamma e papà può ricadere anche sui bambini che, costretti a vivere a contatto con disturbi d’ansia o di personalità, possono andare a manifestare loro stessi problemi comportamentali.
“Mamma e papà tristi per colpa mia”
Accade troppo spesso che un bimbo debba occuparsi in modo completo di sé stesso. Vestirsi, prepararsi la colazione, recuperare i materiali necessari per la scuola, fare i compiti e organizzarsi con i pasti, diventano occupazioni a cui molti bambini devono far fronte in modo solitario.
Mamma e papà in molti di questi casi pur presenti fisicamente sono lontani con la testa. Depressione, tristezza e altri malesseri profondi ne compromettono il rapporto con il figlio, che tenderà sempre più a colpevolizzarsi.
Tanti psicologi sono concordi nel sottolineare come nella testa dei bimbi che vivono queste realtà nascano spiegazioni a volte molto distanti dal vero, e che molti di loro tendano a sentirsi sbagliati e a darsi la colpa dei problemi dei genitori. Questo tipo di situazioni portano spesso i bambini coinvolti a vivere l’insorgenza di ansie e problematiche di vario tipo: si va da disturbi alimentari e comportamentali, a disturbi dell’apprendimento e a gravi problemi a relazionarsi con gli altri.
L’impegno del progetto Semola
È l’Associazione Contatto Onlus ad aver avviato nei centri psicosociali dell’Asst Niguarda di Milano ormai da qualche anno una serie di iniziative che mirano a favorire il dialogo intra-familiare e che lavorano per compattare la fragilità dei rapporti tra genitori e bambini.
Ad oggi sono un centinaio le famiglie inserite nel progetto Semola, promosso fin dal 2011 e costruito attraverso due principali fasi:
- Nella prima parte del programma si mettono i genitori davanti al loro problema e si prova a far sì che sappiano poi spiegarlo ed affrontarlo insieme ai propri figli.
- Nella seconda parte il progetto si apre anche ai bambini compresi tra i 6 e i 16 anni. Attraverso 5/6 colloqui si tenta di far avvicinare genitori e figli, esprimendo poco alla volta le proprie paure e i propri bisogni.
Il coinvolgimento dei bambini verrà presto promosso anche attraverso l’utilizzo di una app, chiamata Think Up Family Life e capace di aiutare i più piccoli, già dai 4 anni, a comunicare ciò che accade in famiglia e le emozioni che provano. L’obiettivo, come dichiara il direttore della Psichiatria 2 dell’Asst Niguarda Alberto Zanobio, è quello di prevenire i problemi, agendo tempestivamente:
Noi medici siamo più attenti alla diagnosi e alla cura e facciamo più fatica a pensare alla prevenzione. Eppure prevenire le malattie psichiatriche con interventi precoci sull’intero nucleo riduce il rischio di trasmissione transgenerazionale fino al 40 per cento.
Progetti similari sono sorti negli ultimi anni anche in molte altre città italiane come Pesaro, Modena o Trento.
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