Molte mamme vivono giornate invase dall’ansia, apparentemente difficile da spiegare e razionalizzabile, connessa al pensiero che possa accadere qualcosa ai propri figli, di più o meno catastrofico.
Possiamo immaginare l’ansia come la punta di un iceberg, che sottende ragioni profonde, spesso inconsce.
Ogni mamma è una persona dotata di una propria soggettività e unicità ma vi sono aspetti che trasversalmente possono incidere sulle singole esperienze.
Vedremo insieme i principali fattori che possono innescare il circuito ansioso, causa di tensione e turbamento.
Che figlia sono stata?
Non possiamo comprendere il significato dell’ansia di una mamma senza conoscere la sua esperienza da figlia. Ciascuno di noi approda al terreno della genitorialità con il proprio bagaglio di figlio.
“Che figlia sono stata? Quali bisogni non sono stati soddisfatti nella mia infanzia?
Che modello genitoriale ho avuto ed ho interiorizzato?“
Sono quesiti fondamentale da porsi per raggiungere una consapevolezza di sé, essenziale nel rapporto con i propri figli.
Onnipotenza vs Impotenza
Spesso dietro l’ansia delle mamme si cela un complesso rapporto con la responsabilità.
Le mamme si sentono totalmente responsabili per ciò che possa accadere ai propri figli, sfiorando un rischioso “senso di onnipotenza” ( tutto dipende da me).
Il senso di onnipotenza incontra facilmente il polo apparentemente opposto, il sentimento di impotenza.
Se ci si confronta con ideali e aspettative supereroiche sarà facile sentirsene schiacciate, percependosi non all’altezza del proprio ruolo.
Il controllo
Un altro volto dell’ansia riguarda il controllo. Spesso il bisogno e l’illusione di poter aver tutto sotto controllo nascono da un’esperienza infantile in un ambiente caratterizzato da instabilità.
Nell’infanzia di una mamma controllante ad esempio, molto probabilmente troveremo un contesto caratterizzato dall’ imprevedibilità, in cui si è precocemente innescato un sistema automatico di allerta interno sempre attivo.
La dipendenza
Un nodo strettamente connesso alla dimensione dell’ansia riguarda la dipendenza.
È comune per una mamma percepire il proprio figlio come un prolungamento di se stessa, non riuscendo a delineare un confine chiaro all’interno della relazione genitoriale. Ciò comporta molto turbamento nei momenti di crescita che prevedono una graduale separazione del figlio da sé, ad esempio con l’avvio dell’esperienza scolastica.
L’ansia come meccanismo di difesa
Un pensiero ossessivo contraddistinto dall’ansia per la vita dei propri figli può paradossalmente svolgere un compito protettivo, seppur disfunzionale.
Talvolta ci si preoccupa molto di qualcosa per non affrontare qualcos’altro di più complesso e sommerso.
Ad esempio, non è raro, che dietro un’iperattivazione ansiosa di un mamma si celi una crisi di coppia, troppo dolorosa da riconoscere.
Gli effetti dell’ansia delle madri sui propri figli
I figli, sin da molto piccoli, sono come delle “spugne”, assorbono i vissuti emotivi dei propri genitori. I membri di ogni famiglia, infatti si influenzano vicendevolmente.
Non si può comprendere il malessere del singolo, senza ampliare la prospettiva di conoscenza all’interno nucleo familiare. L’ansia materna, dunque, anche se taciuta, viene trasmessa ai propri figli.
Tra gli effetti più comuni troviamo le somatizzazioni: è il corpo che parla! Mal di pancia, di testa, senza cause mediche, come espressione dell’ansia interiorizzata.
Difficoltà nelle esperienze di separazione, come i bambini che esprimono paura nel dormire da soli.
Disagi alimentari, difficoltà relazionali e numerose paure.
L’altro e l’ambiente rischiano cosi di essere interiorizzati come fonte di minaccia e pericolo.
Leggi anche: Le paure dei bambini : come riconoscerle e affrontarle
Come intervenire? Facciamo amicizia con l’ansia
Partendo dalla consapevolezza che non esistono ricette magiche, è importante acquisire
alcune pillole che possano favorire riflessioni ed azioni.
- Una mamma non è una supereroina: può chiedere aiuto!
- L’ansia può in un primo momento paralizzare, ma ascoltarla permette di ripristinare il
movimento e il proprio ruolo attivo. - Raccontare il proprio disagio, condividere, con persone di fiducia è importante, non
lasciandosi bloccare dal timore del giudizio. - Chiedersi: “che differenza c’è tra preoccuparsi e occuparsi?”
- Aiutarsi con tecniche di rilassamento corporee.
- Ogni campanello di allarme, se ascoltato, può essere un valido strumento di aiuto
nella crescita personale e dei propri figli. - Infine, è fondamentale non considerare l’ansia come una nemica esterna che invade la
propria vita, ma come un’amica che vive dentro noi stesse, e che, se ascoltata e accolta può
portare a trasformazioni evolutive per sé e per la propria famiglia.
A cura della Dott.ssa Giulia Gregorini
Psicologa – Psicoterapeuta
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