I bambini ucraini sono in guerra. Le mamme cuciono sulle loro giacche il gruppo sanguigno e il numero di telefono di uno dei genitori e i piccoli malati oncologici vengono trasferiti in luoghi sicuri. L’invasione russa mette a rischio anche la loro vita.
La scuola e il bisogno di normalità nonostante le targhette sulla giacca
Le bombe russe non colpiscono solo siti militari nevralgici, sono già molti i civili morti sotto i colpi dell’esercito di Putin. I bambini e le loro famiglie scappano da quelle che sono considerate le zone ad altro rischio come le grandi città, Leopoli e Kiev, anche se allontanarsi dalla capitale è diventato impossibile. Una lunga fila di auto in uscita ferme sulla strada testimonia la paura dei civili.
Per giorni la popolazione ha provato ad andare avanti senza lasciarsi intimidire. Le chat scolastiche delle mamme erano piene di messaggi. Le scuole infatti hanno richiesto di cucire sulle giacche dei bambini una targhetta con il gruppo sanguigno e il nome e cognome del piccolo.
Molte madri proponevano di scrivere anche il numero di telefono di almeno uno dei genitori e hanno provato a darsi coraggio e a sostenersi. Un bisogno di normalità accompagnava la paura tangibile dell’invasione. E poi il problema più grande: come spiegare tutto questo ai bambini senza spaventarli troppo? Un nodo impossibile da sciogliere.
Il trasferimento in ospedale per i bambini malati oncologici
Con l’avanzata russa in Ucraina cambia lo scenario, le scuole non funzionano, i genitori cercano rifugi più o meno sicuri e i bambini oncologici ricoverati nella casa d’accoglienza organizzata dall’Ong italiana Soleterra vengono traferiti in ospedale.
Damiano Rizzi il presidente dell’organizzazione racconta che da anni Soleterra è presente a Kiev e Leopoli per aiutare i più piccoli malati di tumore. La casa d’accoglienza ha funzionato benissimo, ma con l’invasione i bambini sono stati trasferiti in ospedale dove il presidente Rizzi sta organizzando con il primario della struttura le cure oncologiche urgenti.
La situazione è critica anche perché molti medici sono rimasti a casa per difendere le loro famiglie. L’invasione non risparmia nessuno.
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