Nei due Comuni torinesi di Vigone e Torre Pellice è esploso un caso che ha fatto e sta tuttora facendo discutere. Tra i requisiti necessari per accedere al concorso per diventare vigile urbano sarebbe comparso anche l’obbligo di presentare un test di gravidanza negativo per le candidate di sesso femminile.
In caso opposto, dunque di positività al test e di gravidanza confermata, sarebbe immediatamente scattata l’esclusione dal concorso. Ad oggi il sindacato Csa della polizia locale, attraverso le parole della dirigente Loredana Cristino, ha presentato un esposto alla Procura.
L’atto è stato definito come totalmente discriminatorio e illegittimo nei confronti dei candidati donne.
Idoneità fisica e test di gravidanza negativo, scoppia il caso nel torinese
All’inizio del mese di maggio è stato presentato un bando di concorso per due commissari della polizia locale.
Per accedere allo stesso erano previste tre prove di differente connotato: una di idoneità fisica, una scritta e infine un test orale. Per iscriversi al concorso era necessaria anche una laurea.
A fare discutere fin da subito è stato in particolar modo il test fisico richiesto, che prevedeva di dover correre mille metri in un tempo limite di 6 minuti e 30 secondi, impresa da realizzare cinque giorni prima della verifica scritta.
A questo test di corsa si poteva essere ammessi a patto di presentare, nel caso di candidati di sesso femminile, un test di gravidanza negativo. Di fatto tutti i candidati donna qualora risultati incinta non avrebbero potuto sostenere la prova e di conseguenza sarebbero stati preventivamente esclusi dal concorso.
La prova fisica “illegittima”: pareri e polemiche
Tra i tanti pareri contrari a questa formula anche quello dell’esperto di diritto amministrativo Vittorio Barosio che, intervistato da La Stampa, non ha esitato nel definire il test di corsa dei mille metri di per sé privo di senso:
Il bando non assegna agli aspiranti vigili funzioni tali da richiedere come requisito di ammissione al concorso una prova di efficienza fisica consistente nel poter correre 1.000 metri, e per di più in un tempo limitato. Mi pare quindi che la fissazione di questo requisito non sia legittima
Anche la sociologa Chiara Saraceno ha parlato di questo test come di una forma detestabile e discriminante di ingresso delle donne nel mondo del lavoro.
Inoltre tale compromesso avrebbe leso in maniera notevole anche il diritto alla privacy legata alla scelta di maternità.
Allibiti e imbarazzati sono infine i due sindaci dei Comuni piemontesi coinvolti, dettisi ignari della vicenda.
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