Obesità e sovrappeso sono problemi che purtroppo riguardano sempre più bambini nel nostro Paese. Secondo i dati riportati dall’Istat nel recente Rapporto sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030 dell’Onu, in Italia 1 bambino su 3 tra i 3 e i 5 anni sarebbe affetto da sovrappeso o obesità.
L’obesità infantile è dunque un problema che va affrontato seriamente, ma non è affatto sempre facile per i genitori gestire l’alimentazione dei figli nel pieno della loro crescita, sempre il bilico tra il bisogno fare scorta di energia per diventare grandi ma allo stesso tempo tentati da vita sedentaria e alimentazione sregolata.
Come fare allora per tenere sotto controllo il peso e la crescita dei nostri figli? Lo abbiamo chiesto alla Dottoressa Erika Ravasenga, nutrizionista di MioDottore, che ha aderito al progetto di video consulenza online attivato dalla piattaforma.
Cos’è il Body Mass Index e perché è importante?
Il Body Mass Index o Indice di Massa Corporea è il risultato che si ottiene dividendo il peso (kg) per il quadrato dell’altezza del soggetto, espressa in metri (m).
Chiunque può calcolarlo: questo valore viene impiegato come strumento per definire lo stato nutrizionale di una persona, ovvero il rapporto tra ciò che si assume tramite gli alimenti e quello che effettivamente viene utilizzato dal corpo.
Il BMI è ancora molto diffuso come indice di riferimento, perché presenta una buona correlazione con il valore attribuito alla quantità di ciò che viene comunemente chiamato grasso corporeo. È importante precisare, però, che la sua validità è maggiormente apprezzabile quando ci si riferisce a grandi studi sulla popolazione, perché, ad esempio, l’altezza può variare fortemente anche solo con l’età.
Pertanto, nel caso di soggetti in età pediatrica, è più opportuno utilizzare altri strumenti.
Come si calcola nei bambini?
Il BMI nei bambini si calcola secondo le modalità precedentemente indicate. Considerando però il forte impatto che l’età ha sull’altezza di questi ultimi, non si può ignorare quanto questo valore sia eccessivamente variabile durante l’infanzia e nell’adolescenza.
Per queste ragioni, nel 2000 l’International Obesity Task Force ha stabilito delle nuove definizioni di sovrappeso e obesità per la popolazione sotto i 18 anni, basandosi sui dati raccolti in uno studio che coinvolse sei nazioni di etnie eterogenee.
Alla luce dei risultati ottenuti, il BMI viene oggi ritenuto valido unicamente dai 18 anni in su. Per tutte le altre fasce d’età viene richiesto l’utilizzo delle tavole dei percentili. Tale strumento serve non solo a valutare lo stato nutrizionale del bambino, ma anche e soprattutto per monitorarne l’andamento di crescita grazie all’interazione con caratteristiche come età, sesso, peso e altezza.
Come vanno letti e interpretati questi valori nei bambini?
Le misurazioni emergono attraverso il grafico che mette in correlazione peso, altezza ed età, sia per maschi che per femmine.
Per procedere in autonomia è sufficiente incrociare il valore relativo all’età del bambino sull’asse delle ascisse, ovvero quello orizzontale (x), e il peso in kg su quello delle ordinate, verticale (y).
Se si colloca tra il 5° e l’85° percentile, è sintomo di una crescita normale. Tale affermazione viene rafforzata se nel corso del tempo non si discosta dalla curva di base. Infatti, l’individuazione del punto sul grafico può essere ripetuta periodicamente; nel caso di bambini piccoli anche ogni settimana.
È consigliato proprio per questo motivo ricorrere a ulteriori verifiche, coinvolgendo i singoli elementi. Ad esempio, se il prodotto dell’altezza per l’età si posizionasse sempre in prossimità dei percentili più alti e poi improvvisamente scendesse verso l’opposto, ossia verso quelli più bassi, ciò renderebbe necessario approfondire il fenomeno con indagini di carattere clinico.
È opportuno precisare che è possibile effettuare tale valutazione, relativa all’andamento di crescita nel tempo, anche tramite il prodotto del peso e dell’età oppure tra il peso e la statura. Non solo, diversi studi dimostrano quanto ci siano notevoli variazioni anche tra aree geografiche di Paesi diversi o appartenenti allo stesso. A tal proposito, in Italia si fa riferimento a quelle di Cacciari.
In che modo è importante tenere d’occhio le variazioni nel tempo?
È molto importante tenere sotto controllo le variazioni nel tempo della misura, lasciando l’ultima parola sempre al medico specialista, come il pediatra, che tramite un quadro più eterogeno dell’intera situazione può contribuire a dare una chiave di lettura più scientifica a tale accortezza, amplificando l’eventuale necessità di approfondimento, quanto sedando possibili preoccupazioni.
In generale, se il bambino si colloca sotto il 5° percentile, si ha una situazione di sottopeso, dall’85° al 95° di sovrappeso e oltre il 95° di obesità.
La rispondenza a questi intervalli può essere controllata anche settimanalmente, ma è chiaro che, com’è facile intuire, nel primo anno di età l’attenzione più importante viene rivolta al peso, in quanto quest’ultimo tendenzialmente dovrà come minimo triplicare rispetto all’altezza, che difficilmente raggiunge più della metà rispetto al suo valore originario. Statisticamente, dalla nascita ai 18 mesi i bambini aumentano di peso fino a 10 kg (circa), per passare poi a un incremento pari a 1-2 kg al compimento del secondo anno di età.
È importante evidenziare che ogni bambino avrà le sue peculiarità, pertanto l’incremento nel tempo può variare sensibilmente.
Indicativamente la problematica che si registra più di frequente e che spinge all’approfondimento tramite visita pediatrica è la permanenza tra i 3° e il 5° percentile tanto in termini di statura quanto di peso, perché può essere un sinonimo di ritardo nella crescita.
Quali sono i rischi per un bambino in sovrappeso? Quali invece quelli di un’eccessiva magrezza?
Per identificare queste due problematiche estreme, è bene precisare che non vi è una causa univoca, specialmente se si considerano la vastità delle comorbidità in termini patologici.
Ad ogni modo, statisticamente nel primo caso spesso la causa è l’ipernutrizione, che conduce a un severo accumulo adiposo sottocutaneo e/o viscerale. Proprio a seconda della localizzazione di tale tessuto, possono insorgere problematiche di varia pericolosità.
Il rischio è medio e modesto sul lungo termine se il grasso è sottocutaneo; al contrario se l’adipe è spiccatamente viscerale possono insorgere patologie di carattere cardiovascolare nonché metabolico, come ipertensione, diabete e possibili degenerazioni epatiche a causa dell’accumulo lipidico a livello del fegato.
Parallelamente, in caso di eccessiva magrezza, e quindi un mancato raggiungimento dell’aspettativa di crescita, alla base spesso si trova la denutrizione, in cui il deficit può declinarsi a carico di un singolo nutriente oppure convergere in un difetto di digestione o assorbimento, con conseguente esaurimento delle riserve energetiche e insorgenza di patologie nuovamente a carico dell’apparato cardiovascolare, nonché del quadro metabolico.
Posto che è importante educare i bambini e tutta la famiglia a un’alimentazione sana, esistono delle indicazioni di massima per regolarsi sulle porzioni ideali da tenere presente nei pasti di un bambino a seconda dell’età?
Per gestire al meglio le porzioni è importante considerare che, a partire dai 4 anni, le grammature relative alla maggior parte degli alimenti sono esattamente la metà di quelle di un adulto nella fascia di età compresa tra i 18 e i 30 anni.
Questo comporta che tendenzialmente il tutto può essere gestito mediante un aumento graduale di 10 g, suddividendo le età a gruppi di 3, fino a culminare nella porzione massima intorno ai 16 anni (questa età corrisponderà all’apice della curva Gaussiana), per poi ridiscendere alla porzione standard tipica dell’età adulta.
Un ulteriore strategia può essere quella di utilizzare dei piatti appositi o di suddividere visivamente il piatto, attribuendo una metà alle verdure, quindi a quello che comunemente viene definito contorno, e un’altra metà suddivisa a sua volta in due per la porzione relativa al secondo (carne bianca, uova, pesce, ecc..) e un’altra al primo (pasta, pane, cereali…).
Per i bambini più piccoli o che si affacciano al mondo del cibo per la prima volta, un’alternativa molto pratica e attuale è quella di utilizzare la misura della loro manina. Questo concetto è valido per qualsiasi componente del menù e, a meno di esigenze cliniche particolari, è una dinamica che può essere mantenuta anche fino al raggiungimento dell’età scolare.
Ovviamente si consiglia altresì di gestire il tutto con un minimo di buon senso ed elasticità, ascoltando soprattutto le esigenze che il bambino porta in condivisione, se sufficientemente grandicello. Esigenze che nulla hanno a che vedere con quelli che in modo informale si potrebbero definire “capricci”, né in senso diminutivo, ossia voler mangiare meno di quanto proposto, né in senso accrescitivo.
L’obiettivo rimane comunque quello di garantire sempre un piatto il più possibile completo, almeno per quanto riguarda i macronutrienti (carboidrati, tra cui la fibra, proteine e lipidi).
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