Il rapporto con il cibo non rappresenta solo la risposta ad un bisogno fisiologico ma esprime e
veicola anche bisogni emotivi, sin dalla prima infanzia.
L’allattamento, al di là di come avvenga, è un momento di relazione in cui si strutturano dinamiche
affettive e relazionali.
È fondamentale promuovere un corretto rapporto tra il bambino ed il cibo per il suo benessere e
per la prevenzione di disturbi alimentari e psicologici.
In queste brevi righe, forniremo attraverso una prospettiva psicoeducativa, input di riflessione e
pillole di consapevolezza per accompagnare i genitori in uno dei compiti principali: educare i figli
ad un sano rapporto con il cibo.
Dal mangiare tutto al nutrimento
Negli anni si sono acquisite nuove conoscenze grazie agli studi nel campo della nutrizione e della
psicologia sull’educazione alimentare.
In passato vi era una concezione diversa del cibo, un’attribuzione di valore e significato che si è
modificata parallelamente ai mutamenti sociali e culturali.
Era predominante la tendenza a considerare il mangiare molto il primo segnale prognostico di
buona salute del bambino, che spesso veniva rimproverato se lasciava avanzi nel piatto.
Attraverso il cibo gli adulti veicolavano cura e affetto. Nelle famiglie alcuni cibi erano un privilegio e l’abitudine di mangiare fuori era meno comune e diffusa.
Oggi sono cambiate le usanze delle famiglie, il mercato degli alimenti e le conoscenze sul
benessere in infanzia.
Ho fame di..
È importante acquisire tre premesse fondamentali:
1) Il problema di un bambino non può essere compreso senza includere la cornice familiare e
contestuale.
2) In assenza di cause mediche e patologie fisiche, che vanno sempre escluse, non ci sono
bambini che hanno problemi con il cibo, ma bambini che esprimono disagi attraverso il cibo.
3) Il cibo è un sintomo di malessere, bisogna scoprire le cause sommerse alla luce della
soggettività del bambino e della multifattorialità (più elementi interagiscono tra loro nel
determinare il disagio).
Spesso difficoltà del comportamento alimentare in infanzia possono inserirsi all’interno di più ampi
disagi ma è utile dare attenzione alle specificità della relazione tra il bambino e il cibo.
Quando si manifestano fenomeni come rifiuto rigido di alcuni cibi, forte stress al momento del
pasto, ricerca disregolata di cibo è importante, oltre a trovare strategie pratiche di risoluzione,
interrogarsi su costa sta comunicando il bambino attraverso il suo comportamento.
La fame emotiva
Con l’espressione “fame emotiva” si intende la ricerca di cibo come risposta ad un’emozione, ad
esempio come ricerca di consolazione, come strumento anti-noia ecc..
È una manifestazione che non riguarda solo gli adulti ma sempre più precocemente coinvolge
anche i bambini.
Alla base è necessario comprendere il ruolo della figura adulta nutrice, in primis la madre, nel suo
modo di offrire il cibo. Il bambino inizia l’esperienza di nutrizione nel grembo materno.
A volte, gli adulti istintivamente utilizzano il cibo come calmante, come consolatore, per
fronteggiare un momento di tensione del bambino e per contenere la propria ansia.
Il cibo viene quindi investito di una funzione rassicurativa e contenitiva sia verso il bambino che
verso se stessi. Il bambino piccolo non possiede ancora la capacità di distinguere la natura dei propri bisogni, se sperimenterà il cibo in risposta ad un bisogno emotivo, imparerà a ricercarlo ed utilizzarlo nello stesso modo.
È invece fondamentale correggere la dinamica di associazione immediata “emozione – cibo”.
Per i bambini è molto importante sentire lo spazio per esprimere la rabbia, la tristezza, la noia ecc.,
senza che siano immediatamente inibite. Per fare ciò il genitore deve poter tollerare lo stato
emotivo del bambino senza sentirsi inadeguato e in colpa, ma sostenendo il piccolo nella graduale
possibilità di autoregolazione dell’emozione.
I bambini che sviluppano difficoltà nel rapporto con il cibo spesso faticano ad esprimere le proprie
emozioni, a comunicarle.
Inoltre, la famiglia offre il primo modello comportamentale, anche per quanto riguarda
l’alimentazione: le abitudini vengono osservate ed apprese dal bambino, che tenderà a riproporle.
A tavola con consapevolezza
Sin dallo svezzamento, tenendo conto delle caratteristiche soggettive del bambino sarà importante
applicare alcune buone prassi, tra cui le seguenti.
- Fornire l’esempio: mostrare un corretto rapporto con il cibo senza rigide imposizioni.
- Non utilizzare il cibo come strumento di premio o punizione.
- Non mettere fretta al bambino durante il pasto, rispettare i suoi tempi.
- Favorire condivisione a tavola, non alienandosi davanti alla televisione.
- Coinvolgere il bambino nella scelta del pasto, offrendo diverse opzioni ma limitate.
- Proporre una dieta variegata.
- Impostare una routine regolare: rispettare i pasti fondamentali.
- Far sentire il bambino amato indipendentemente da ciò che mangia.
- Non essere rigidi: diete proibitive possono indurre risultati controproducenti. Alimenti non
rigorosamente raccomandati ma buoni occasionalmente possono essere gustati. - Rispettare i gusti del bambino. Il cibo è anche una dimensione di piacere.
- Non giudicare il bambino per il suo comportamento alimentare.
- Coinvolgere il bambino nella preparazione del pasto, facendogli prendere confidenza con
gli ingredienti, favorendo l’esplorazione.
Quando le difficoltà del bambino con il cibo divengono rigide e pervasive, interferendo con le altre
attività della quotidianità e affiancandosi ad altri disagi (somatizzazioni, problemi nelle autonomie,
blocchi nella socializzazione ecc.), è opportuno richiedere un aiuto specialistico. È raccomandato
un approccio integrato nutrizionista – psicologo, coinvolgendo attivamente l’intera famiglia.
A cura della Dott.ssa Giulia Gregorini
Psicologa dello sviluppo – Psicoterapeuta
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