Giochiamo: trova l’intruso!
Frutta, verdura, faldoni, genitori, quaderni, scatoloni.
Trovato, vero?
Eh già, cari genitori, gli intrusi siamo noi. Cosa ci facciamo in mezzo ai faldoni pieni di polvere dell’archivio e alla frutta sfusa del supermercato?
Ci facciamo etichettare.
Genitore tigre, medusa o delfino: ecco le etichette disponibili, a voi la scelta! Ma non fatevi guidare dall’istinto, prediamoci un istante e leggiamo prima le rispettive descrizioni.
Genitore tigre, medusa e delfino: le caratteristiche
Il genitore-tigre segue un modello educativo autoritario e severo. Cresce il figlio come un piccolo performer, con eccessive regole ed è pronto a tirare fuori gli artigli quando non è soddisfatto dei risultati. Insomma, un’etichetta dal peso specifico non indifferente. Meglio optare per la medusa quindi?
Un genitore-medusa è volubile, indulgente, permissivo, potrebbe lasciare il figlio allo sbaraglio in mezzo al mare e in balia dei propri istinti. E se di antipodi stiamo parlando, vediamo un po’ cosa sta nel mezzo.
Il genitore-delfino, per sua natura flessibile ed adorabile, colui che nuota al fianco dei figli e li guida all’indipendenza. Creativo, istintivo ed equilibrato. La perfezione. Uhm, ma non eravamo tutti d’accordo nell’affermare che la perfezione non esiste?
Genitori di tutto il mondo, comunque sia, è il momento di scegliere. Tigre, medusa o delfino?
Altre etichette: genitori elicottero e spazzaneve
Gli animali forse non vi convincono? Tranquilli, ho trovato per voi un altro paio di alternative. Potreste essere genitori elicottero, o se vi sentite più con i piedi per terra c’è posto anche per i genitori spazzaneve.
I genitori elicottero, planano sui loro figli, li sorvegliano, sono iperprotettivi e li aiutano costantemente a superare gli ostacoli. Gli spazzaneve invece spianano letteralmente la strada alla loro prole, fanno trovare loro la neve perfetta anche ad agosto, eliminano ogni ostacolo. Insomma, avete capito, fanno danni. Forse erano meglio gli animali…
Ora però non ci sono più scuse, è arrivato davvero il momento di scegliere. Attenzione, se non lo farete voi, ci penserà la società ad appiccicarvi un’etichetta.
Quando l’etichetta diventa un pericoloso marchio a fuoco
Come vi sentite? Personalmente mi sento un po’ come una banana sulla bilancia del supermercato, senza alternative: sono nata banana, verrò etichettata banana e morirò banana. E allora ribelliamoci genitori cari, prendiamo le sembianze del Minotauro -mezzo uomo mezzo animale-, voliamo sulle piste da sci e sciamo sulle nuvole, perché farci etichettare?
Le etichette stanno bene sugli esseri inanimati, non su chi respira, pensa e muta. Le etichette servono a far ordine ed essere genitori è un mestiere per sua natura immensamente caotico. Un mestiere in continua evoluzione. L’etichetta rischia di diventare solo un marchio a fuoco di cui sarà pressoché impossibile disfarsi.
La contaminazione al giorno d’oggi dovrebbe essere segno di apertura mentale. È molto rischioso stagnare dentro una categoria. I tratti distintivi talvolta potrebbero trasformarsi in limiti. Cambiare strada non è un fallimento, a volte bisogna sperimentare molto per trovare il proprio equilibrio.
E allora proviamo ad essere un po’ tigri severe, un po’ meduse volubili e ricaviamo qualcosa di autentico anche dalla storiella del delfino impeccabile. Cerchiamo di essere un po’ hippie e un po’ tedeschi, facciamo vedere ai nostri figli che il quadrato ha quattro lati, ma non è una gabbia. Possiamo uscirne, basta passare attraverso il centro. Allarghiamo i nostri e i loro orizzonti.
Le etichette che diamo ai nostri figli
E ora che ci siamo liberati dal peso di dover scegliere la nostra etichetta e non siamo più intrusi, ma solo genitori che sperimentano il compito più arduo e bello del mondo, pensiamo per un attimo ai nostri figli.
Quante volte li etichettiamo?
C’è il figlio bravo, il terribile, il super intelligente, il creativo, il ribelle, quello gifted, quello che va bene a scuola, quello che riesce bene nello sport, quello che ha imparato a camminare a due mesi, lo sfaticato, quello che parlava già nella pancia, quello introverso che non parlerà mai.
Riuscite ad avvertire il peso di queste parole? Si tratta di etichette giudicanti, che incasellano in specifiche categorie.
Lasciamo che i nostri figli mutino forma ogni volta che ne sentono l’esigenza, lasciamoli essere, senza aggettivi.
Questo ci renderà tutti meno banane e più persone.
Una Bionda e Una Penna
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