Essere un genitore, in Italia, ai tempi d’oggi, è cosa da eroi. Ce lo diciamo ad ogni incrocio di strada, davanti ad ogni scuola, in fila alla cassa di un qualunque supermercato.
Quella parolaccia, conciliazione, tra fare la mamma (ma anche il papà) ed avere una vita lavorativa, ha messo in crisi da troppi anni la macchina riproduttiva.
Questione culturale, la chiamano quelli che caldeggiano ancora la mamma-casalinga, ma anche quelli che riducono il calo demografico ad una specie di resistenza all’impegno, alla responsabilità, da parte di un gruppo di ragazzi tra i trenta ed i quarant’anni, che vorrebbero solo vivere di aperitivo e rave fino all’alba.
È tutto molto più complicato di così e certa semplificazione fa ben comprendere quanto poco si conosca della vita vera.
Essere un genitore in una grande città
Un genitore che vive in una grande città, ad esempio, deve fare i conti con dei prezzi assurdi, irragionevoli, che sia per un mutuo che per un affitto, al quale ovviamente si aggiungeranno le rate impossibili del nido prima, della scuola materna poi, per prendere qualche boccata d’aria quando inizia la scuola dell’obbligo.
Se i genitori lavorano entrambi, cosa che dovrebbe essere un diritto – anche se per noi donne c’è sempre la possibilità di ritrovarsi a casa non per scelta – a queste spese bisogna aggiungere una tata, oppure, il costo di attività extra-scolastiche che consentano al bambino di non ritrovarsi solo tutto il giorno.
Poi dei campus per quando gli uffici sono aperti ma la scuole no. E non abbiamo parlato dei pannolini, dei vestiti, delle vacanze e della spesa alimentare settimanale.
Parliamo di almeno 600 euro di mutuo ed altrettanto di nido ed altrettanto di tata, solo per fare i conti più banali e così è già deflagrato uno stipendio medio.
Nei piccoli centri la vita è meno cara ma, al netto di questo, i figli continuano a costare.
Per questo l’Istat del 2022 parla di meno di 400 mila nascite, in una curva in picchiata, tra ascisse ed ordinate, nella quale i pochi bimbi e bimbe che vedranno la luce avranno sempre più scuole chiuse, classi accorpate, ed una grande popolazione anziana da mantenere. Perché fare figli non è fatto romantico, quando le proporzioni cominciano a preoccupare, ma è un costo sociale.
Le famiglie monoreddito e le partite iva
Come si fa ad avere dei figli, poi, se la famiglia è monoreddito? Certo, se la mamma può stare a casa, si risparmiano i soldi della tata, del campus, delle attività extra-scolastica ma ci sono almeno 2 grossi “ma”:
- non è giusto che una donna rinunci ad una propria vita professionale
- una donna a casa è anche quello stipendio in meno per la spesa, per i pannolini, per i vestiti, per le vacanze, per lo studio.
E come si fa ad avere dei figli se si è una famiglia di partite iva? Senza coperture, senza permessi retribuiti, senza maternità o paternità, senza malattie. Un conto è se si è dei grandi liberi professionisti con dei grossi portafogli, ma se si è anche degli ottimi lavoratori con parcelle di sopravvivenza, il figlio è un lusso.
Certo, poi ci sono anche altri scenari. Le famiglie in cui lavorano entrambi in ottime realtà con bonus aziendali da brividi: rimborso tata, copertura sanitaria per tutti, campus per i figli dei dipendenti, e così via.
In questi casi, fare figli (anche più di uno o due) è un’altra cosa, ma questo si traduce in un lusso per alcuni, in base all’azienda che ti assume.
Questo vuol dire che i bambini ed i ragazzi saranno sempre più di serie A e di serie B per le possibilità che avranno già dalla più tenera età. Questo vuol dire che fare o non fare figli diventa un fatto privato, mentre l’impatto sociale del calo demografico è uno tsunami che non ha a che fare con il singolo.
Diventare genitore oggi è il lusso degli eroi.
Il video della settimana