Negli ultimi anni, specialmente nel mondo occidentale, è stato riscontrato una crescente domanda da parte delle donne per il congelamento degli ovociti a lungo termine, come possibilità di poter intraprendere una maternità in futuro.
Vediamo qualche dato che ci parla di questa pratica innovativa sempre più diffusa.
La Crio-conservazione degli ovociti ha quasi 40 anni
La pratica di cui stiamo parlando, anche conosciuta con il nome di crio-preservazione degli ovociti, ha conosciuto i suoi promettenti inizi nel lontano 1986: quando fu annunciata la prima gravidanza al mondo con ovociti precedentemente congelati.
La crio-preservazione fornisce alle donne l’opzione di conservare le proprie cellule-uovo durante l’età più fertile: solitamente prima del compimento dei 30 anni, ovvero quando gli ovociti sono più fertili e di alta qualità. Il tutto per poter usare le cellule uovo in seguito, quando si sentono pronte per diventare madri.
I dati dimostrano che il numero di donne che scelgono di congelare gli ovociti è in costante aumento. Secondo un rapporto pubblicato nel 2021 dalla Società Americana di Medicina Riproduttiva (ASRM), il numero di cicli di congelamento degli ovociti negli Stati Uniti è aumentato del 30% nel corso di un anno.
La Dottoressa Maria Rita Rampini – esperta in diagnosi e terapia dell’infertilità nonché responsabile della Procreazione Assistita dell’ospedale Sant’Anna di Roma – è appena tornata da Copenhagen. Lì, ogni anno, si tiene il convegno internazionale della ESHRE, Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia.
Da dati precedentemente accumulati, emerge chiaramente un tasso generale di fertilità al ribasso: Secondo Rampini bisogna quindi iniziare a pensare a facilitare la PMA in Italia e anche lavorare sulla preservazione della fertilità.
Tornando al convegno internazionale della ESHRE, è stata presentata un’importante ricerca sull’uso degli ovociti crio-conservati per ragioni non mediche: i risultati sono incoraggianti. Il 40% delle donne che sceglie di congelare i propri ovociti intorno ai 28-30 anni è poi riuscito a restare incinta tramite inseminazione in vitro in centro specializzati anche dopo dieci anni.
I dati sulla crio-preservazione in Italia
Anche l’Italia presenta una crescita in questo trend: GeneraLife è il più grande gruppo italiano nel settore e ha messo a disposizione dati che parlano chiaro. Nell’intero 2022 sono state ben 226 le richieste portate a termine, mentre alla data del 30 aprile 2023 sono state effettuate ben 105 crioconservazioni di ovociti.
Si tratta circa di una quantità doppia se paragonata al medesimo periodo del 2022. La dottoressa Rampini è convinta che “per mantenere un welfare vivo serve gente che lavora, servono nascite” e che l’Italia dovrebbe spronare tecnologie come questa.
Alla base della sempre crescente domanda di tale procedura vi sono differenti ragioni. Le donne si rivolgono a centri specializzati in crioconservazione perché il congelamento degli ovociti permette loro di pensare in un secondo momento alla maternità. Spesso una donna vive pressioni (sociale, affettiva e di carriera) che possono interferire con la propria volontà di rimanere incinta prima dei trent’anni. Il congelamento degli ovociti offre loro la possibilità di preservare la fertilità mentre cercano di raggiungere altri obiettivi nella vita.
Bisogna ricordarsi che non si tratta di una procedura con un’efficacia del 100%: tuttora non sono presenti moltissime prove sull’efficacia di questa pratica. Lo studio del centro di fertilità europeo ha compiuto importanti analisi sugli esiti riproduttivi delle donne che hanno scelto (e pagato) la crioconservazione dei propri ovuli.
Nello studio sono state incluse 843 donne che, per motivi non medici, hanno congelato le cellule uovo: nel lasso di tempo di dieci anni (fra il 2009 e il 2019) l’età media delle donne era di 36 anni e più della metà delle soggette era single al momento della procedura. Al maggio dello scorso anno, solo il 27% aveva fatto ritorno al centro specializzato (231 donne): la loro età media era di 42 anni e più della metà aveva un partner.
Il target è evidentemente la donna che ha da poco superato il 30 anni e che ha un lavoro, probabilmente una carriera: il costo della pratica non è insostenibile ma nemmeno estremamente accessibile (3.500€) e, come ricorda la ginecologa Rampini, si tratta di procedure completamente a carico del paziente, che non interessante il Servizio Sanitario Nazionale.
Infatti, in Italia, solo la crioconservazione in caso di malattia della paziente è sostenuta dallo Stato. È noto che le donne in procinto di affrontare terapie mediche di una certa gravità (chemioterapia o radioterapia, interventi chirurgici invasivi o quant’altro) potrebbero uscirne con una fertilità compromessa. Ecco perché molte donne optano sempre più di frequente per il congelamento degli ovociti prima di iniziare tali trattamenti.
Rischi e percentuali di successo
È importante notare che il congelamento degli ovociti non garantisce una gravidanza di successo, ma aumenta le probabilità rispetto all’utilizzo di ovociti più vecchi. Tuttavia, i tassi di successo possono variare a seconda dell’età della donna e delle loro condizioni di salute. In riferimento allo studio citato, delle 231 donne soltanto 110 (48%) hanno utilizzato i propri ovociti congelati. La percentuale di pazienti che ha partorito un bambino su tutte le 231 donne era del 46%, con un tasso di aborto pari al 31%.
Fra le donne che hanno crio-conservato i propri ovuli, il 41% ha avuto un figlio; fra quelle che hanno usufruito di ovuli freschi, il 48% ha concluso con successo la gravidanza. I tassi di aborto spontaneo risultano simili: 25% per le ovociti congelati e 29% per ovociti freschi.
Inoltre, bisogna anche notare che la procedura per prelevare gli ovuli (“pick-up”) non è esente da rischi dovuti alla iper-stimolazione ovarica: da un lato la Sindrome da iper-stimolazione ovarica (OHSS) o anche un rischio di torsione ovarica (dovuta all’aumento volumetrico delle ovaie iper-stimolate).
Non ultimo, il rischio di complicanze della gravidanza iniziata in età avanzata: statisticamente il rischio di complicanze aumenta con l’età della madre.
Vi mostriamo un esempio di chi ha scelto di congelare gli ovuli: Laura ha 36 anni, al momento non vuole figli e ha deciso di condividere la sua esperienza non solo per abbattere gli stereotipi, ma anche per creare legami, insegnare e rendere normale parlare di fertilità.
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