La Corte Costituzionale ha emesso una sentenza storica sull’argomento fecondazione assistita: il consenso dell’uomo non può essere revocato neanche quando la coppia non è più tale.
Decisione definitiva sulla fecondazione assistita
I giudici del Tribunale di Roma hanno rimandato alla Corte Costituzionale la decisione su un caso piuttosto intricato; una donna ha richiesto il trasferimento in utero di un embrione crioconservato e formato in precedenza con il coniuge.
Il marito, diventato nel frattempo ex, si è opposto ritenendo di non poter diventare genitore contro la sua volontà. Il giudice Luca Antonini ha emesso la sentenza: una volta dato il consenso in modo consapevole e formale all’avvio della procedura del trattamento, l’uomo non può più ripensarci.
La Corte Costituzionale riconosce che la norma – si è venuta a collocare al limite di quelle che sono state definite scelte tragiche, in quanto caratterizzate dall’impossibilità di soddisfare tutti i confliggenti interessi coinvolti nella fattispecie –
Risvolti importanti della sentenza
Le motivazioni della decisione della Consulta lasciano spazio a considerazioni molto interessanti. Quando si parla di fecondazione assistita, la donna compie sempre un rilevante investimento emotivo e fisico, proteso alla genitorialità che implica aspettative, rischi e sofferenze. Essa risulta immersa nel trattamento di fecondazione assistita in maniera molto più rilevante dell’uomo.
Le riflessioni della Corte Costituzionale hanno considerato anche i cicli di stimolazione ovarica fondamentali per il progetto, così come i rischi di malattia annessi. Tutti impegni in capo alla donna e che non possono essere delegati. Possono essere necessari anche ulteriori trattamenti farmacologici prima del trasferimento in utero.
Anche per questi motivi il giudice Antonini ha stabilito che la – concreta aspettativa di maternità – che sorge nella futura mamma non deve e non può essere messa in discussione da una revoca del consenso dell’uomo, che comunque risulta in ritardo.
Vale a tutti gli effetti l’impegno preso all’avvio della procedura: non è possibile rifiutare di diventare papà dopo aver concepito un figlio, ancorché in provetta.
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