Il numero delle donne che continua ad allattare il proprio bambino in maniera esclusiva è in continua crescita. Questo perché è ormai scientificamente provato che un bimbo allattato al seno cresce meglio, più forte e più sano di uno che, invece, è stato alimentato con il latte artificiale.
Perché però le donne possano farlo è necessario che vi siano delle politiche a loro tutela anche sul luogo di lavoro. L’Unicef e L’OMS si stanno battendo proprio per questo motivo, approfittando anche della settimana mondiale per l’allattamento che si tiene tra l’1 e il 7 agosto.
L’importanza dell’allattamento al seno
Quando possibile, è sempre meglio preferire l’allattamento naturale al seno del proprio bambino piuttosto che quello artificiale. Diverse ricerche scientifiche, infatti, hanno dimostrato ormai che i bimbi che vengono allattati al seno almeno fino al 6 mese di vita hanno una mortalità molto più bassa rispetto a chi invece è stato allattato solo con latte in formula.
I motivi sono semplici e chiari: questo alimento contiene tutti i nutrienti necessari e bilanciati per crescere in maniera sana e forte e rafforza il sistema immunitario, impedendo così che il piccolo possa contrarre delle patologie infettive.
Anche per la mamma, poi, l’allattamento è positivo perché sembra possa ridurre la probabilità che si sviluppi il cancro della mammella.
È anche a partire da questa considerazione che negli ultimi anni il numero delle madri che decide di allattare il proprio bambino sta significativamente crescendo e negli ultimi 10 anni ha raggiunto a livello globale il 48%.
Come conciliare allattamento al seno e lavoro?
Una madre che deve rientrare al lavoro dopo la maternità deve essere messa nelle condizioni di poter ugualmente allattare il proprio bambino in considerazione della sua importanza per il piccolo e per la donna stessa. Proprio per questo l’OMS e l’Unicef hanno voluto scegliere questo tema per la settimana mondiale dell’allattamento.
Queste due importanti associazioni, infatti, hanno subito sottolineato come sia fondamentale aiutare e supportare le madri che rientrano al lavoro quando il loro bambino è ancora un lattante. Le possibilità sono molte, come per esempio creare delle stanze sui luoghi di lavoro dove poter allattare o dove poter utilizzare un tiralatte, poter usufruire di permessi per l’allattamento e avere la facoltà di assentarsi dal lavoro con una retribuzione idonea e sufficiente per i primi mesi della vita del bambino.
È fondamentale far capire ai datori di lavoro che queste tutele nei confronti delle donne non sono assolutamente un costo per loro, ma anzi un’opportunità. Una madre che può allattare il proprio bambino o che può usufruire di intervalli a pause regolari sarà più tranquilla e serena, con importanti influssi positivi anche sul suo rendimento lavorativo.
Quali sono gli obiettivi futuri dell’OMS e dell’Unicef
L’OMS e l’Unicef si sono poste degli obiettivi abbastanza pretenziosi per il futuro. Se, infatti, rispetto all’anno scorso la percentuale delle donne che allattano i propri bambini è cresciuta fino ad arrivare a livello globale al 48%, il desiderio è quello di raggiungere la soglia del 70% entro il 2030.
Questo significa che l’allattamento non deve essere possibile solo per le donne che non lavorano, ma anche per quelle che vogliono o sono costrette a rientrare subito dopo il parto. Le politiche a tutela dell’allattamento diventano, quindi, fondamentali per raggiungere questo traguardo.
Le due fondazioni hanno anche naturalmente sottolineato come per riuscire raggiungere gli obiettivi prefissati nei tempi stabiliti sono fondamentali gli aiuti, l’appoggio e gli investimenti da parte dei vari governi nazionali.
Anche in Italia si sta già facendo molto, infatti l’Unicef sta promuovendo il programma di supporto ‘Insieme per l’allattamento‘ grazie al quale, ad esempio, sono già 34 gli ospedali nazionali e 4 i corsi di laurea in cui sono stati predisposti degli appositi spazi in cui allattare i propri bimbi anche in orario di lavoro e di studio.
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