Quattordici settimane di vacanze estive risultano poco sostenibili per la maggior parte delle famiglie italiane.
Da questo schietto e concretissimo dato di fatto, le associazioni collettive WeWorld e Mammadimerda hanno promosso una petizione online, affinché la scuola italiana si adatti alle rinnovate esigenze degli alunni e delle famiglie, adottando standard europei che prevedono pause scolastiche più brevi e più equamente distribuite durante tutto l’anno.
Inizio scuola a ottobre: la proposta dei sindacati
Alcuni sindacati e associazioni sono invece del parere opposto e, pochi giorni dopo Ferragosto, hanno presentato una proposta al ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, per posticipare l’inizio della scuola a ottobre, per evitare problemi dovuti all’afa.
Marcello Pacifico, presidente Anief, propone di rivedere i cicli produttivi e la pubblica amministrazione in base al cambiamento climatico:
Ci vuole buon senso e lungimiranza. Anche i cicli produttivi devono cambiare e la pubblica amministrazione deve avviare questi cambiamenti secondo il clima”
Anche il Coordinamento docenti dei diritti umani chiede un parere scientifico a pediatri e pedagogisti. Romano Pesavento ha infatti dichiarato come questo sia necessario “per evitare possibili malori sia per gli studenti fragili che per gli insegnanti, la cui età media, da statistica, è spesso elevata. Riteniamo necessario ritornare sull’argomento in modo da ipotizzare soluzioni adeguate e tempestive”.
Dal canto suo, il ministro Valditara ha chiarito la sua posizione durante un punto stampa al Meeting di Rimini affermando: “È una proposta che non ho neanche considerato”.
Tra turismo culturale, cambiamento climatico e subdoli complotti anti-meridionali. L’idea di chi non ha figli
La questione non è nuova: lo scorso anno un’accesa polemica ha visto coinvolti, da una parte, il Sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi e alcuni esponenti del giornalismo nazionale, come Giuseppe De Tomaso e Alex Corlazzoli di “La Repubblica”; dall’altra parte, Selvaggia Lucarelli, sostenuta dalle associazione dei genitori e, in generale, da tutti coloro che vivono concretamente la quotidianità della scuola italiana.
Famiglie in cui mamma e papà sono entrambi lavoratori oppure in cui siano presenti minori affetti da gravi patologie, studenti e persino insegnanti hanno a lungo dibattuto sulla sostenibilità di un eventuale, ulteriore prolungamento della pausa scolastica estiva. Non pochi sono quelli che sostengono come una tale ipotesi potrebbe rappresentare un vero e proprio dramma: ecco, perciò, che quella frase, pronunciata dalla Lucarelli (“I figli di chi deve lavorare ovviamente li tiene tutti il geniale giornalista, in casa sua”) acquista un senso molto grave.
Già: con chi stanno quei bambini e come trascorrono la loro lunga estate?
Dalla propria pagina Facebook, Vittorio Sgarbi aveva proposto al Governo di dibattere l’ipotesi di una riapertura scolastica a inizio ottobre, al fine di incentivare il turismo culturale e di promuovere le città d’arte.
L’idea era stata condivisa anche da alcuni giornalisti de “La Repubblica” che hanno sottolineato come il rientro a settembre non sia più compatibile con le nuove condizioni ambientali, generate dal cambiamento climatico. Le temperature ancora molto elevate per tutto il mese di settembre, infatti, penalizzerebbero soprattutto gli studenti meridionali, costretti a rientrare in classi per lo più prive di aria condizionata, quando fuori, ancora, è piena estate.
Da questo calendario scolastico verrebbe, al contrario, favorito il turismo tipicamente settentrionale, connesso alle settimane bianche, aggravando il divario tra Nord e Sud.
I ragazzi e le famiglia prima della politica: l’idea di scuola secondo Selvaggia e le altre Mammedimerda
In tutto questo dibattito, però, sembra essersi perso di vista ciò che, invece, dovrebbe essere prioritario: il benessere degli studenti e delle loro famiglie. Per questo, in risposta, si è scagliata Selvaggia Lucarelli, mettendo in evidenza come gestire ben 14 settimane consecutive di chiusura scolastica rappresenti, a tutti gli effetti, un grave problema gestionale per molte famiglie italiane, soprattutto per quelle nelle quali entrambi i genitori siano lavoratori a tempo pieno. Ovvero la stra-grande maggioranza.
La politica non può più procrastinare la realizzazione di aiuti concreti che allevino (almeno) le condizioni dei soggetti più svantaggiati: le famiglie italiane, durante i mesi estivi, sono costrette a fare (letteralmente) i conti con le spese per centri estivi e baby sitter, cerando di incastrare orari, ferie e smartworking.
Ma non tutte sono in grado di sostenere una tale gestione alternativa e la situazione diventa ancora più drammatica in caso di situazioni di disabilità e difficoltà economiche, senza dimenticare che, per alcune famiglie, risulta fondamentale anche potere contare sul servizio mensa e sulla presenza di figure di sostegno.
La petizione “Un’estate piena rasa” e la richiesta di una scuola italiana con standard europei
Quello che le associazioni richiedono, dunque, sono una maggiore sensibilità della scuola nei riguardi delle esigenze degli studenti e delle loro famiglie e uno svecchiamento, in senso europeista, dell’istituzione scolastica, che passi anche attraverso la revisione del calendario scolastico.
Suddividere le pause in modo più uniforme significherebbe garantire maggiore continuità alla didattica, favorire l’apprendimento e limitare i deficit dovuti al cosiddetto summer learning loss.
Il problema è di vecchia data, ma, all’oggi, il Governo non sembra intenzionato a discuterlo concretamente: le mozioni, però, iniziano a essere frequenti e la necessità di un adeguamento della scuola al nuovo assetto sociale non può più essere rimandato.
Solo così sarà possibile ottenere la tanto auspicata conciliazione scuola-famiglia.
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