“Fino a un attimo fa era un angelo!” Quante volte abbiamo sentito questa osservazione da tate, educatrici, nonne e papà incaricati di stare con il bambino fino al nostro ritorno? Improvvisamente, il dolce bambino angelico si trasforma in un indemoniato, con i conseguenti sensi di colpa, sentirci offese e inadeguate?
In realtà non c’è motivo di prendersela: non siete sole in questa esperienza, anzi. Tante mamme si sono sentite rivolgere questo commento e diversi studi confermano che i bambini tendono a fare più capricci quando c’è la mamma. In realtà questo comportamento ha un valore intrinsecamente positivo. Scopriamo il perché.
Senso di sicurezza e comunicazione dei bisogni
Un’indagine realizzata dall’Università di Washington ha rivelato che i bambini tendono a piangere e a fare capricci con maggiore intensità quando si trovano in compagnia della mamma.
In assenza della figura materna, dimostrano invece un comportamento più accomodante, mostrandosi molto più propensi ad assecondare le richieste degli altri caregiver senza particolari opposizioni. Gli specialisti coinvolti nello studio suggeriscono che la presenza della madre potrebbe avere un impatto sull’atteggiamento dei bambini che, sorprendentemente, sembrano prestare maggiore cooperazione nei confronti delle persone meno familiari.
In realtà ciò è dovuto non all’incapacità materna di gestire il bambino, ma quasi in modo paradossale al maggiore senso di sicurezza e confort che il bambino ha con la mamma: con lei, o anche con il papà se è una figura altrettanto presente, il bambino si sente sé stesso e libero di esprimere i propri bisogni e disagi.
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Infatti, se ci pensiamo, forse anche noi adulti siamo veramente noi stessi solo con le persone che amiamo profondamente, nel bene e nel male.
Ciò avviene perché, quando siamo profondamente legati a qualcuno, quando abbiamo totale fiducia in lui/lei e sappiamo che possiamo contare sul suo amore e sulla sua comprensione, i nostri normali freni inibitori cedono, soprattutto dopo una brutta giornata. Se siamo tristi, abbiamo dei pensieri o semplicemente abbiamo avuto una brutta giornata o siamo stanche, con quelle persone e solo con quelle ci sentiamo liberi di sfogarci e mostrare le nostre emozioni.
In piccolo, succede anche con i bambini e le loro mamme.
C’è capriccio e capriccio
Ma torniamo un attimo ai capricci. In realtà dietro a quello che noi adulti chiamiamo comunemente capriccio, si nascondono tutta una serie di emozioni che spesso il bambino, ancora piccolo, non riesce ancora ad elaborare e manifestare appropriatamente.
Attraverso i capricci, un bambino può manifestare il proprio malessere emotivo, trovando difficoltà a esprimere ansie, paure o sentimenti negativi derivanti da circostanze specifiche. Frequentemente, ciò che viene etichettato come “capriccio” è in realtà un segnale di incapacità nel gestire le proprie emozioni e nel trovare modi appropriati per comunicare ciò che si prova internamente.
Ciò può innescare un circolo vizioso in cui a comportamenti “capricciosi” seguono reazioni disordinate da parte dei genitori (ad esempio, se il bambino fa i capricci, il genitore risponde urlando o dimostrando con atteggiamenti bruschi di non dare importanza ai sentimenti del bambino, ma di volerlo solo tranquillo e immobile).
Di conseguenza, il bambino che fatica a regolare le proprie emozioni e a controllare gli impulsi non trova un modello efficace per imparare a regolare e a sviluppare modi appropriati di espressione emotiva. È quindi fondamentale guardare oltre i capricci, cercare di comprendere il vero messaggio che i bambini cercano di trasmettere e aiutarli a sviluppare una sorta di “termostato emotivo” interno per gestire le proprie emozioni.
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Come comportarci davanti ai capricci?
Ricordandoci il perché nascono questi capricci, queste manifestazioni di disagio o di emozioni (come ad esempio la rabbia per la lontananza), dovremmo quindi capire meglio come gestirli. Un primo passo potrebbe essere il riconoscimento delle emozioni che scatenano le reazioni.
A meno che il comportamento non sia irrispettoso o particolarmente inappropriato, dovremmo permettere al bambino di esprimere il proprio disappunto, mostrando empatia verso i suoi sentimenti per fargli comprendere che lo stiamo ascoltando e che riconosciamo che possa sentirsi frustrato o che possa aver avuto una giornata difficile. Però è importante lasciare che il momento di frustrazione si esaurisca da solo.
Comprendere e accogliere le emozioni del bambino non significa soddisfare ogni sua richiesta, poiché ciò potrebbe insegnargli che attraverso i capricci può manipolare le situazioni a suo favore. Questo potrebbe trasformarsi in una forma di manipolazione sottile, in cui il bambino apprende che può ottenere ciò che desidera evocando uno stato di agitazione. Quindi, dopo aver comunicato in modo tranquillo che capiamo la sua frustrazione e il desiderio di ottenere qualcosa, è altrettanto importante aggiungere con calma che non sarà possibile accontentarlo.
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